di Francesca Monti
Venerdì 15 gennaio in prima serata, su Raidue, torna dopo sei anni una delle fiction più amate: “L’ispettore Coliandro”, interpretato dal bravissimo e affascinante Giampaolo Morelli, a cui è stato recentemente assegnato il prestigioso Premio Franco Fedeli in quanto Coliandro è il poliziotto televisivo più verosimile.
In questa piacevole chiacchierata (grazie anche a Roberto Bisesti e a Giulia Gillam di Stefano Chiappi Management), Giampaolo Morelli ci ha raccontato le emozioni vissute tornando a vestire i panni dell’Ispettore Coliandro, ci ha parlato del suo personaggio, e dei prossimi progetti.
Giampaolo, dopo sei anni finalmente venerdì 15 gennaio torna in tv “L’Ispettore Coliandro”. Com’è stato vestire nuovamente i panni del poliziotto più amato della tv?
“Un po’ di tensione c’era perché nel frattempo ho fatto altre cose, ruoli completamente diversi e poi Coliandro è apparentemente un personaggio facile, ma in realtà ha mille sfumature, è ricco di contraddizioni, è molto umano, del resto nasce dalla penna di un grande giallista come Carlo Lucarelli che è riuscito a creare un personaggio complesso. Quindi ho detto: sarò in grado di riacciuffare Coliandro? Sono andato sul set un po’ teso e poi una volta che mi sono infilato la giacca di pelle e i Rayban è magicamente ritornato. Però è arrivato in un momento in cui ormai sia io sia i Manetti sia Lucarelli non ci pensavamo più”.
Coliandro è un personaggio goffo, ma anche generoso e malinconico…
“Credo che la malinconia che magari arriva inconsciamente allo spettatore, perché è un personaggio complesso e non caricaturale, sia una delle chiavi di Coliandro, è un uomo molto solo e malinconico, perciò ci si rispecchia poi tanto, poliziotti e non mi dicono sempre Coliandro è uno di noi, perché è un uomo insoddisfatto del proprio lavoro, vorrebbe dei meriti che non gli vengono mai riconosciuti, è sempre lì a sostituire i colleghi in ferie, a tappare i buchi con i suoi incarichi di m…a come li chiama lui, e vorrebbe essere invece un poliziotto figo, da strada, che sta sui pezzi importanti. Vorrebbe molti amici, quando conosce una ragazza dice ho una vita intensa, piena di amici, ho mille cose da fare. Insomma vorrebbe una vita piena di cose, ma di amici non ne ha, anche per colpa sua perché ha un carattere spigoloso, non è facile Coliandro, quindi ha pochi colleghi con cui si relaziona in questura, si prendono anche un po’ in giro, e non è che poi al di fuori abbia una vita sociale come vorrebbe avere. E poi è sempre alla ricerca dell’amore, che non riesce mai a trovare, incontra una donna, ci crede fino in fondo, è disposto a grandi cose fino poi a scoprire che non era come aveva pensato, o per colpa sua, o di lei o delle circostanze. Alla fine si ritrova sempre solo sul divano di casa a mangiare la pizza surgelata comprata dal pakistano. E quindi ogni volta è sempre alla ricerca di qualcosa che non arriva. Perciò è un personaggio con il quale ci si identifica tanto anche per queste cose che arrivano più inconsciamente, ma la forza di Coliandro risiede nel fatto di non essere una caricatura, non essere sopra le righe, è un personaggio molto vero”.
E amato sia dal pubblico sia dai poliziotti, infatti ti è stato assegnato il Premio Franco Fedeli perché Coliandro è il poliziotto televisivo più verosimile…
“Assolutamente sì. Noi l’avevamo sempre pensato da quando abbiamo iniziato a farlo, ci conoscevano in pochi, infatti Coliandro all’inizio fu mandato in onda il 1° agosto perché alcuni non ci credevano tanto, è una serie di Raidue e non di Raiuno come è giusto che sia, perché ha un linguaggio non adatto alla prima rete, poi piano piano abbiamo visto che anche tutti gli altri attorno se ne sono accorti. I poliziotti come in generale tutti gli uomini che fanno un lavoro in divisa amano follemente Coliandro, più di qualsiasi altro poliziotto positivo, necessariamente eroe, della televisione, anzi quello che a loro piace è proprio la parte umana di Coliandro. Tra le motivazioni che hanno scritto quando mi hanno dato questo premio ce ne sono alcune bellissime, quasi commoventi dove mi ringraziano per averli liberati da quegli stereotipi in cui altre fiction o film li imprigionano, dove il protagonista è il poliziotto indefesso, positivo, arguto, che capisce sempre tutto e che ha poco di umano. Quindi si sentono ben rappresentati anche nei loro difetti. E secondo me Coliandro avvicina anche l’immagine della polizia alle persone comuni, ai cittadini”.
Puoi anticiparci qualcosa su ciò che accadrà al tuo personaggio in questa nuova serie?
“Ci siamo chiesti che cosa dovesse cambiare Coliandro, dopo sei anni di assenza. In prima persona Carlo Lucarelli e poi noi, io e i Manetti Bros, ci siamo detti perché deve cambiare Coliandro? E’ così un’icona ormai, è un personaggio talmente universale che è inutile cambiarlo. L’unico cambiamento sono le rughe sul mio viso. Coliandro è inevitabilmente più maturo e poi secondo me queste sei puntate sono ancora più belle delle precedenti, perché c’è una maturità inevitabile di tutti noi, Lucarelli, Manetti e io, c’è molta azione ma Coliandro è sempre lo stesso, alla ricerca del suo posto nel mondo. La frase che ne tira fuori un po’ il pensiero è sempre: “città di m…, mestiere di m…, vita di m…”, insomma resta sempre quello”.
In questi sei anni hai interpretato film di successo come “Song’e Napule”, “Poli opposti”, “Babbo Natale non viene da Nord” e preso parte a diverse serie televisive tra cui “Una grande famiglia” e “Braccialetti Rossi”. A parte Coliandro, c’è un personaggio a cui sei più legato?
“Mi è rimasto nel cuore Lollo Love di “Song’e Napule” perché mi ha portato a Napoli che è la mia città e l’ho vista come io la immaginavo. “Song’e Napule” nasce da una mia idea, poi sviluppata da Michelangelo La Neve e dai Manetti e li ringrazio perché mi hanno fatto vedere la Napoli del centro storico che è quella che io ho vissuto, una città che non è sempre caratterizzata dalla camorra. Lollo Love all’inizio sembra un personaggio negativo, invece è un artista puro che vive di canzoni neomelodiche, di matrimoni, che vorrebbe fare il salto a livello nazionale, è un personaggio che mi ha divertito tantissimo fare”.
Hai pubblicato due libri, “Bravo ragazzo” e “7 ore per farti innamorare” che poi sono diventati spettacoli teatrali. Hai in programma di scrivere un nuovo libro?
“Al momento no, ho delle idee nella testa ma adesso non riesco a trovare il tempo per scrivere un romanzo, poi più che dal piacere della scrittura sono affascinato dal raccontare una storia, dall’inventarmi una storia. Quindi sicuramente tornerò a scrivere qualcosa”.
In quali progetti ti vedremo prossimamente impegnato?
“Ho in uscita tre film, “Nemiche per la pelle” di Luca Lucini con Margherita Buy e Claudia Gerini, poi un film di Carlo Vanzina, “Miami beach” con Ricky Memphis, e un film di Enrico Lando con Herbert Ballerina che si chiama “Quel bravo ragazzo”. In questo momento sto girando “Studio Uno” per la Rai , una produzione Lux Vide, una di quelle belle miniserie importanti, ambientata negli anni ’60, dove si racconta come è nato lo show televisivo più popolare, che era appunto Studio Uno, che ha fatto la storia, la cultura del nostro paese”.