di Francesca Monti
E’ stata un’icona della musica italiana degli anni ’50 e ’60, pioniera dei programmi di cucina in tv e attrice di cinema nel film “Femmine contro maschi” di Fausto Brizzi, tra i suoi grandi successi ricordiamo “Nessuno”, “Patatina”, “Quando vien la sera”, ma anche “Dimmi di sì”, cover di Bad Romance di Lady Gaga, che ha avuto oltre 200mila views su Youtube. Stiamo parlando di Wilma De Angelis e in questa intervista che ci ha gentilmente concesso (grazie a Lucio Nocentini) abbiamo ripercorso la sua carriera, tra aneddoti e divertenti ricordi.
Signora Wilma, iniziamo dalla fine degli anni ’50, quando ha cantato al prestigioso Festival del Jazz a Riccione…
“A Riccione cantavo al Savioli, allora esibirsi lì era un traguardo, prima di me c’erano arrivate Jula De Palma, Flo Sandon’s, insomma era la nicchia del cantante di successo dell’anno. Nel 1958 toccò a me, e cantai a Riccione per tre anni. Pur non conoscendo l’inglese, cantavo jazz per istinto, copiavo a pappagallo i dischi di Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Helen Merrill, senza imitarle però. In quell’occasione l’Orchestra per cui lavoravo mi iscrisse al concorso “La reginetta del jazz” a Boario Terme, a mia insaputa. Io mi arrabbiai per questo ma arrivai là e vinsi e mi trovai catapultata nel mondo bellissimo del jazz che avrei voluto continuare a frequentare. A quel tempo però erano pochissimi gli amanti di questo genere, pertanto non avrei avuto un seguito. Gli organizzatori del Festival del Jazz mi invitarono a cantare a Sanremo. La casa discografica per cui lavoravo mi affidò quelle che oggi si chiamano cover, allora le canzoni di successo le potevano incidere tutti. Mi fecero così cantare “Casetta in Canadà” che era stata già interpretata da Carla Boni e anche da Gloria Christian. La mia versione ebbe un grande successo in tutto il Nord Europa perché la sede della casa discografica, la Phillips, era ad Amsterdam, di conseguenza stamparono il mio disco ed io, sconosciuta in Italia, timidissima, andai a Stoccolma, Copenaghen, Amsterdam e nelle grandi televisioni come vedette, da sola perché nessuno mi accompagnava tranne l’interprete. E così scoppiò contemporaneamente sia la Wilma De Angelis di Casetta in Canadà sia quella nella nicchia del jazz”.
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Poi però decise di abbandonare la strada del jazz e continuare a cantare in italiano. Come mai?
“Fui costretta a fare una scelta e scelsi la strada più facile, cioè cantare in italiano, infatti l’anno successivo nel 1959 tornai a Sanremo, questa volta al Festival della Canzone Italiana cantando due bellissime canzoni, di cui avevo fatto io le lacche di acetato, che una volta si usavano per proporre i brani, erano un pronto ascolto che poi veniva buttato via dopo essere stato utilizzato 3-4 volte. Allora noi cantanti duttili, Tony Dallara, Betty Curtis, io, Arturo Testa, in 5 minuti imparavamo la canzone, andavamo in sala, piano e voce, e facevamo le famose lacche. Quell’anno portai 5 pezzi che entrarono tutti a Sanremo, tra questi c’erano Nessuno, Per tutta la vita, Un bacio sulla bocca, Una marcia in Fa. Così l’organizzatore di allora mi invitò e io debuttai a Sanremo nel 1959. Ci tornai altri 5 anni, nel 1960 cantai Quando vien la sera in coppia con Joe Sentieri arrivando terza, poi Patatinache non andò in finale, le canzoni portate il quarto e il quinto anno non ebbero un grande eco e non andai in finale con nessuno dei due pezzi. Ero ormai talmente affermata che mi affibbiarono due cantanti pressoché sconosciute, una era Lucia Altieri e l’altra era Tania che poi diventò col tempo Lara Saint Paul. Le canzoni non erano il massimo, le cantanti erano agli inizi e quindi andammo a casa tutte e tre. Nell’ultima partecipazione a Sanremo portai una canzone bellissima che purtroppo non ha avuto un grande eco, era un brano di Diego Calcagno, Non costa niente, in coppia con Johnny Dorelli, arrivammo quarti. Dopodiché cambiò tutto, la vita, il sistema di cantare, le mode, arrivavano le nuove leve, i giovani, e noi che avevamo 30 anni eravamo considerati da rottamare”.
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A Sanremo un tempo le cantanti lanciavano le mode sia per quanto riguarda i vestiti sia per le acconciature…
“Per noi andare a Sanremo era determinante, facevamo tutto da soli, non avevamo lo stilista che ti creava il vestito, non avevamo lo staff, di conseguenza anche gli abiti erano a nostro carico. Però la cosa importante era essere molto eleganti. Il parrucchiere, si chiamava Nino, che aveva il negozio in via Montenapoleone a Milano, veniva a pettinarci e come successe con me, con Betty Curtis e poi con Mina e Milva, lanciavamo le mode. A me ad esempio fece la pettinatura a gatto e tutta la gente voleva essere pettinata nello stesso modo. Purtroppo poi la Phillips perse il suo prestigio in Italia, si fuse con la Siemens, crearono così la Polygram, e come tale per un riciclo di personaggi, di mode, si dovevano creare elementi nuovi”.
Nel frattempo iniziava a farsi largo nel panorama musicale una giovane cantante di Cremona, Mina, che ha poi cantato uno dei brani più famosi del suo repertorio, “Nessuno”, in una versione diversa dalla sua…
““Nessuno”, della quale con il maestro Capotosti avevo corretto anche alcune cose, per me è una canzone dolcissima e melodica e la considero un po’ una mia creatura. Qualche mese dopo, c’era questo personaggio emergente, una ragazza di Cremona, Mina, che avevamo conosciuto alla Sei giorni della canzone, manifestazione importantissima, che si svolgeva a Milano allo Smeraldo e durava sei giorni. Ogni sera c’erano dei cantanti emergenti e gli organizzatori del Festival sceglievano i talenti. I cantanti quell’anno erano Adriano Celentano, Tony Renis, Giorgio Gaber, Wilma De Angelis, Betty Curtis, Mina, Miranda Martino, eravamo tutti lì. Avevo ascoltato Mina in quel frangente ed ero rimasta un po’ scioccata dal suo strano modo di cantare. Interpretava Proteggimi e aveva un tubino rosa a sottoveste con le spalline sottilissime e cantando le abbassava. Io ero vicina al dottor Boschetti, editore di una casa editrice musicale e mi disse: “tu sei perplessa ma questa diventerà la più grande cantante del mondo”. E ha avuto ragione.
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Dopo pochi mesi eravamo in una strana sala di incisione, era il retropalco del Cinema Leonardo di Milano, in zona Città degli Studi, il direttore si chiamava Angelini, aveva una grande ammirazione per me, avevamo fatto insieme Nessuno e Casetta in Canadà, mi chiamò, presi la filovia e lo raggiunsi in Piazza Susa. Lui mise il nastro di questa “pazza” (Mina, ndr) che io avevo snobbato, che cantava Nessuno in tutt’altra maniera. Mi misi a piangere dicendo che mi aveva rovinato il pezzo, e Angelini mi disse: ti stai sbagliando, avrà successo. E così è stato. Poi con Mina fummo tutte e due protagoniste di Canzonissima con Delia Scala, Panelli, Manfredi, un cult nel campo della tv. Eravamo ospiti fisse e cantavamo tante canzoni. Lei abitava a Cremona e andavamo a Roma con un treno che si chiamava Settebello, un po’ il Frecciarossa odierno e i suoi genitori la accompagnavano con l’auto alla stazione di Milano e me la affidavano, perché lei è sempre stata un po’ fuori dalle righe. Ti racconto un episodio simpatico: Mina si divertiva a scioccare le persone, perché si vestiva con una calzamaglia da mimo coperta soltanto da una gonnellina scozzese sovrapposta, con una grossissima spilla da balia. A un certo punto del viaggio si toglieva la gonnellina e attraversava il treno in calzamaglia, era uno schianto e tutti uscivano dagli scompartimenti per vedere questa tizia. Poi prendevamo il taxi alla stazione di Roma e cantavamo insieme San Martino campanaro e il tassista si fermava e ci faceva i complimenti. Questo è stato il mio incontro con lei ed è nata una bellissima e grande amicizia, siamo state molto vicine, poi purtroppo l’ho persa di vista, ma ci siamo volute veramente bene”.
E avete anche cantato insieme il brano “Nessuno” a “Canzonissima”…
“A Garinei e Giovannini che erano gli autori di quella Canzonissima e a Guidino Sacerdoti che era il produttore venne in mente di farci cantare insieme Nessunoe così si è creato questo cult che è stato trasmesso ancora la scorsa settimana da Carlo Conti ne I migliori anni, sono quelle strane pietre miliari della tv che ogni tanto ritornano, io e lei che cantiamo “Nessuno” in due modi diversi e finiamo abbracciate ridendo”.
Invece com’è nata la sua amicizia con Betty Curtis?
“L’amicizia con Betty Curtis è sorta molto dopo esserci conosciute, perché all’inizio c’era una sorta di competizione, eravamo tutte e due milanesi, ma lei era arrivata al successo prima di me grazie a Teddy Reno che le aveva fatto cantare With All My Heart. Si chiamava Roberta Corti e Reno le cambiò il nome per far credere che fosse americana. Poi andammo a Sanremo insieme ma a lei Nessunonon piaceva perché era più portata per lo swing, per il ritmo, per molti anni ha continuato una carriera splendida, lei era alla Cgd (Messaggerie musicali), era stata creata da Sugar e contrariamente alla Philips che quando c’è stato il rinnovamento mi ha accantonata, perchè in Italia non c’era più nessuno che mi sosteneva, invece è stata appoggiata dalla casa discografica.
Alla Philips arrivò Orietta Berti, che scelsi io perché cercavano qualcuna che mi assomigliasse. Io avevo conquistato successo nella musica e quindi ci voleva qualcuno che fosse simile a me. Per tanti anni mi hanno scambiata per Orietta Berti. La trovammo a Reggio Emilia, perché dovevano farle cantare le canzoni di Suor Sorriso, una suora francese che allora aveva molto successo. Io la scelsi perché era carina, come fisico, faccia e modo di cantare mi assomiglia. Così al primo Disco per l’Estate non mandarono me ma Orietta con un pezzo di Beretta-Anelli che si chiamava Tu sei quello. Era finita la mia carriera a livello festivaliero ma la gente non mi aveva dimenticata. Così la mia vita ha avuto una grossa svolta. Nel frattempo invece Betty Curtis e Gigliola Cinquetti alla Sugar coesistevano, mentre Betty andava a Sanremo io ero qui a leccarmi le ferite. Facevo qualche serata in Svizzera, in Germania, anche in Italia, ma per quello che riguardava le grosse manifestazioni, la tv, i dischi, per me era finita. Il maestro Razzi che era il direttore della Rai voleva me a Sanremo ma non c’è stato verso. Mia mamma mi diceva di aprire un negozio di articoli per bambini, di imparare a fare la parrucchiera, ma io volevo cantare. Ci sono stati un paio di anni molto tristi, che poi ho superato”.
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Alla fine degli anni Settanta, Paolo Limiti l’ha chiamata per condurre un programma di cucina che ha riscosso un grandissimo successo…
“Ho girato tantissimo, ho perso mia mamma, avevo avuto una storia con un musicista che stava a Roma e che ho dovuto lasciare. Quando pensavo che fosse tutto finito, mi ha chiamato Paolo Limiti, che conoscevo perché molto amico di Luciano Beretta, un grande poeta, che aveva scritto tutti i pezzi di Celentano. Ai tempi se una donna non aveva la pelliccia non era nessuno e appena arrivavi ad avere due lire compravi il visone tant’è vero che il primo anno che sono andata a Sanremo e non avevo ancora i soldi per comprarlo Natalia Aspesi scrisse sul giornale: l’unica ragazza senza visone era Wilma De Angelis, come fosse una colpa. Avevo conosciuto tramite un maestro una pellicciaia, Gianna De Biase, e il figlio che lavoravano in casa e ovviamente si spendeva meno. Luciano vide il visone che avevo comprato e gli piacque, così lo portai da Gianna. Anche Paolo Limiti doveva fare il visone alla mamma. Una sera ci incontrammo lì, Paolo allora brancolava nel mondo della tv, Luciano lo aiutò e me lo presentò. Poi Limiti fece un programma in radio, chiamato Ferma la musica e mi invitò per cantare dei pezzi, mi disse: devi dire che sei stata raccomandata da Roma, perché ormai ero fuori dal giro da anni. Ci andai per qualche settimana, poi fu scoperto il nostro gioco, però l’amicizia con Paolo è rimasta e ogni volta che faceva qualcosa mi invitava. Una sera arrivai a casa e trovai una sua telefonata lunghissima in segreteria. Mi diceva che prima di tutto doveva fare per Tele Alto un programma chiamato Lasciamicantare una canzone e aveva pensato di invitare Togliani, Nilla Pizzi e anche me. Poi mi disse che era a Tmc dove dirigeva i programmi e aveva avuto un’idea: siccome in Italia nessuno parlava di cucina voleva che lo facessi io. Il programma, sponsorizzato dalla Galbani, si chiamava La parola d’oro e questa parola era Bel Paese. In pratica dovevo proporre otto quiz di diverso tipo, la gente comprava il formaggio Bel Paese, si faceva dare la cartolina dal salumiere, staccava il tagliandino e poi doveva comporre le parole giuste. Ogni settimana c’era un’estrazione e si vinceva un televisore, e poi come premio finale c’era una forma d’oro di formaggio. Ci incontrammo e iniziai a fare questo programma. Nella sigla c’era un foglio da 10mila lire e nell’ovalino c’era la mia faccia. Siamo andati avanti un anno e ha avuto un successo strepitoso con la Galbani che non faceva nemmeno in tempo a ristampare le cartoline. La finale andò in onda su Tele Alto, a quel punto a Paolo venne una nuova idea. Siccome io leggevo la ricetta ma era uno chef che preparava il piatto e me lo portava già pronto, Paolo disse nessuno in Italia fa cucina in tv, te la sentiresti di farla tu? Io accettai, abbiamo fatto un numero zero, in cui preparavo la ricetta e in questa c’era un ingrediente per così dire indispensabile, cioè dovevo far credere a casa che senza di quello la ricetta non sarebbe venuta bene. Possiamo dire che Limiti fu l’inventore delle telepromozioni.
Tmc era di Madame Covigny e, per vedere se piacevo al pubblico monegasco, mi fece fare per 6 mesi una trasmissione con Sandro Mayer, Il Bolero della sera, il giovedì, annunciando quello che i lettori avrebbero trovato in edicola sul giornale. All’interno del programma io e Alberto Anelli cantavamo alcune canzoni e la gente doveva votare quella preferita staccando il tagliando dal giornale. Poi siamo partiti con Telemenu. Io non sapevo cucinare, mi hanno affiancato uno chef e ripetevo quello che mi insegnava. In una settimana eravamo coperti per due anni di sponsor, dalla Buitoni alla Findus, tutte le case importanti erano impazzite per questa idea. La mia esperienza a Telemenù è durata 18 anni. Poi siccome questo programma portava a Tmc tutta la pubblicità ma era piccolo, allora è nato La spesa di Wilma, andavamo nei mercati rionali di tutta Italia, in quattro persone, e io facevo la spesa. Poi arrivarono i brasiliani e mi proposero di fare un programma in cui invitavo a pranzo un vip, così ho fatto 460 puntate di A pranzo con Wilma, invitando tutti i personaggi più famosi a cucinare, da Antonella Clerici a Carla Fracci, a Missoni, Coveri, Armani. Quindi è arrivato Sale, pepe e fantasia. Insomma ho passato 18 anni bellissimi, ho lavorato tantissimo e poi sono tornata da Paolo Limiti a cantare. Nel frattempo con questo ritmo ero sola, perché tra un programma e l’altro non avevo tempo per fare niente. Poi nel 1994 ho conosciuto il mio compagno Gianni e nel 1995 ho smesso di fare cucina”.
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Che ricordo ha invece degli Oldies?
“Gli Oldies sono stati un episodio simpatico, nati da un’idea di Ricky Gianco, che aveva voluto creare questo gruppo all’italiana ispirandosi ai Manhattan Transfer. Voleva prendere 4-5 cantanti italiani che sapessero cantare lo swing e metterli insieme. Io accettai perché mi parlò di Betty Curtis, Tony Dallara, Emilio Pericolo, Ernesto Bonino, e Nicola Arigliano. Poi loro rifiutarono e restammo io, Arigliano, Ernesto Bonino, Cochy Mazzetti e Claudio Celli, marito di Betty Curtis che aveva fatto parte del Quartetto Radar. Questa esperienza con gli Oldies è durata un paio di anni perché lavorare in gruppo è difficilissimo, c’era sempre un problema, dovevo preoccuparmi di tutto, anche dei vestiti. Abbiamo avuto successo con Il Pinguino Innamorato. E’ stato comunque un bel periodo. Non rimpiango niente, sono felice di tutto quello che ho fatto, ma non so se ora potrei rifarlo perché non ho più la forza”.
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Wilma De Angelis con Francesca Monti, Vicedirettrice de "Il Popolo Veneto" |
Per concludere, riguardo l’esperienza cinematografica nel film “Femmine contro maschi” di Fausto Brizzi cosa ci racconta?
“Il cinema è stato un simpatico episodio, isolato, mi sarebbe piaciuto fare un seguito del film “Femmine contro maschi”, ma il regista Fausto Brizzi ha deciso di far morire il mio personaggio, Clara. Quando mi sono avvicinata al computer e ho iniziato ad utilizzarlo, diventando anche testimonial della Microsoft, mi è arrivato un messaggio da una società di Roma per il casting del nuovo film di Fausto Brizzi, in cui mi chiedevano di incontrare il regista. Pensavo fosse uno scherzo, ma ho accettato, mi è arrivato così un secondo messaggio per un incontro la domenica successiva. Quando facevamo la conferenza stampa del film Brizzi diceva sempre che io aprii la porta della mia casa e mi guardavo in giro per vedere dov’era la troupe di Scherzi a parte. Durante l’incontro mi spiegò che voleva realizzare questo film Femmine contro maschi e che voleva che interpretassi Clara, la mamma di Claudio Bisio. Mi piacque l’idea ma gli chiesi se era sicuro che fossi in grado di fare questa parte, lui mi disse di sì, e così sono andata a Roma a leggere la sceneggiatura con gli altri attori e da lì è partita questa avventura. Il film è stato un grosso successo, Brizzi dice che sono la nonna che non ha mai avuto. Peccato solo che non ci sia stato un seguito”.