di Francesca Monti
Il 29 gennaio, dopo due settimane in sella alla sua bici e oltre 2000 chilometripercorsi, Paola Gianotti, straordinaria ciclista estrema, è arrivata a Oslo e ha consegnato le 10.000 firme raccolte nell’ambito della petizione “Bike The Nobel”, lanciata da Caterpillar, programma di Rai Radio Due, per candidare al Premio Nobel per la pace la bicicletta e contestualmente la squadra femminile di ciclismo dell’Afghanistan. Originaria di Ivrea, 34 anni, laureata in Economia e commercio, fino a tre anni fa lavorava per una società di consulenza, poi quando l’azienda ha chiuso ha deciso di buttarsi sulle sue passioni: lo sport e la bici, creando una nuova professione. Nel 2014 ha compiuto il Giro del mondo in bicicletta, prima donna italiana e seconda al mondo ad attraversare quattro continenti e venticinque paesi in 144 giorni, entrando nel Guinness World Record. Paola Gianotti ha raccontato questa strepitosa impresa nel libro “Sognando l’infinito” (Piemme, 2015, con la prefazione di Linus). Nel 2015 hapartecipato alla Red Bull Trans-Siberian Extreme, 9.200 chilometrilungo il percorso della Transiberiana da Mosca a Vladivostok e ora si prepara per una nuova impresa, attraversare in bici 48 stati degli Stati Uniti in 48 giorni per regalare una bicicletta a 48 donne dell’Uganda.
In questa piacevole chiacchierata, abbiamo parlato con Paola Gianotti di “Bike The Nobel” e della sua prossima avventura a stelle e strisce, una sfida sportiva importante, resa ancora più speciale dall'impegno sociale a favore delle donne.
Paola, iniziamo parlando della tua ultima fantastica impresa, “Bike The Nobel”, più di 2000 chilometriin due settimane, in bici da Milano a Oslo, per candidare la bicicletta al Premio Nobel per la pace e contestualmente la squadra femminile di ciclismo dell’Afghanistan, un paese dove, per le donne, andare in bicicletta rappresenta una conquista e un'emancipazione…
“Caterpillar, il programma di Rai Radio Due, che mi ha sempre seguita nelle mie avventure, mi aveva chiesto di essere la prima firmataria della petizione, quindi sono andata in radio per fare una diretta e mentre ero lì, Massimo Cirri e Sara Zambotti, speaker del programma, mi hanno detto “Dai, scherza sul fatto che andrai a Oslo a portare le firme”, io ho risposto che non c’era problema, senza sapere che sarei dovuta partire nelle due settimane più fredde dell’anno. Ho scherzato fino a quando mi hanno chiesto: “Allora parti? Vorremmo tanto che tu andassi” e quindi il 16 gennaio mi sono trovata sulla sella della bicicletta in direzione Oslo senza sapere quello che mi aspettava”.
Quali sono state le tappe del viaggio?
“Sono partita da Milano, ho attraversato tutta la Svizzera, parte della Francia, sono stata la prima persona a entrare nel Parlamento Europeo di Strasburgo con una bicicletta perché mi ha accolto Michael Cramer che è Presidente dei Trasporti dell’Unione Europea, che ha firmato anche lui la petizione di Bike The Nobel e quindi mi ha fatto fare questa entrata con la bici in Parlamento. Quindi ho proseguito lungo tutta la pista ciclabile del Reno, in Germania. Tra l’altro dalla Svizzera in poi ho sempre e solo fatto piste ciclabili, una cosa incredibile che qui in Italia è quasi un’utopia, per il momento. Sempre in Germania ho attraversato 5 chilometri di autostrada delle biciclette, chiamata Autobahn, una pista ciclabile che vuole essere la prima autostrada del mondo per le biciclette, che in quattro anni verrà sviluppata sulla lunghezza di 100 chilometri, territorio in cui vivono oltre 2 milioni di persone, quindi l’idea non è di fare soltanto una pista ciclabile per il turismo ma creare un modo alternativo e più sostenibile di spostamento per tutti. Infatti tante persone mi raccontavano che non hanno l’auto e in questo modo lungo la pista ciclabile riescono a spostarsi per andare al lavoro, lo stesso vale anche per i ragazzi perché esistono 5 facoltà universitarie lungo il percorso. Quindi ho attraversato tutta la Danimarca per poi prendere il traghetto per raggiungere la Norvegia e fare gli ultimi 170 chilometrifino ad Oslo dove mi ha accolto Giorgio Novello, Ambasciatore Italiano della Norvegia, con un bellissimo ricevimento, alla presenza di diverse persone della politica, di personalità legate al Premio Nobel e al mondo del ciclismo norvegese. A lui ho consegnato le 10.000 firme per candidare la bici come premio Nobel per la pace”.
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Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato durante questa avventura?
“E’ stata un’avventura diversa rispetto a quelle che faccio di solito, perché potevo prendermela con calma, nel senso che ho pedalato per 150 chilometri al giorno. La difficoltà maggiore è stata il clima, perché le temperature nella prima parte del viaggio andavano dai -5 ai -10 gradi con neve, quindi fino all’inizio della Germania è stata davvero pesante, poi più salivo verso Nord più il tempo era bello, c’era il sole e addirittura quando sono arrivata a Oslo c’erano 7 gradi”.
Tra le imprese che hai fatto c’è il Giro del mondo in bicicletta, che hai raccontato nel libro “Sognando l’infinito”, dove affermi che i limiti sono solo mentali. Cosa hai scoperto di te stessa durante queste avventure?
“Il fatto che i limiti siano solo mentali è una delle cose che ho imparato di più facendo questi viaggi, nel senso che davvero noi siamo i protagonisti della nostra vita. Io ho deciso di cambiare completamente la mia vita, perché fino a tre anni fa lavoravo per una società di consulenza, e quindi l’ho stravolta completamente. Se vogliamo fare una cosa la facciamo e se ci crediamo raggiungiamo qualsiasi obiettivo. In queste avventure che sono sempre un po’ al limite dello sforzo fisico ma soprattutto mentale sono davvero arrivata a capire che tutti i limiti che ci poniamo di solito sono solo mentali, è ovvio che io non pretendo di andare alle Olimpiadi, perché in quel caso oltre alla componente mentale c’è anche quella fisica. Però quando devi pedalare per 144 giorni con tutte le condizioni del tempo, in tutti i continenti, per 16-17 ore al giorno, oltre che un grande sforzo fisico diventa una questione mentale, quanto si crede in un obiettivo e quanto si vuole raggiungere quello che si sta portando avanti. Quindi ho capito che nulla è impossibile, cosa che prima del Giro del mondo non pensavo, anche perché tra me e la conclusione di questa impresa si è messo veramente in mezzo di tutto. Prima di partire sembrava un’odissea, tra sponsor e finanziamenti che non sono mai arrivati, allenamenti molto duri, e una logistica impegnativa per rispettare le regole del Guinness. Poi durante il viaggio tutto è stato ancora più amplificato con la ciliegina sulla torta di un incidente arrivato dopo 15000 chilometripercorsi, nel momento di massima carica emotiva ma anche di massimo livello fisico, perché stavo proprio bene e sapevo che avrei potuto chiudere il Giro del mondo senza problemi. Tutto quello che è successo mi ha fatto capire che possiamo raggiungere qualsiasi obiettivo”.
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C’è un luogo che hai visto o un incontro che hai fatto durante i tuoi viaggi che ti è rimasto nel cuore?
“Ce ne sono diversi, sicuramente uno dei più importanti è quello con un signore giapponese di un’età indefinita che ho incontrato nel deserto del Nullarbor, in Australia. Stava girando il mondo con le infradito ai piedi, trascinando un carretto sul quale aveva tutto il necessario per vivere e in più aveva una grossa bandiera giapponese che faceva firmare alle persone che incontrava. Lui non parlava inglese e io mi ricordo di avergli lasciato della cioccolata, del tonno, delle cose che avevo con me. Non potrò mai dimenticare il suo ringraziamento e i suoi occhi felici per la scelta di vita che aveva fatto, è come se l’avessi incontrato ieri”.
Il 30 aprile partirai per la tua prossima impresa, in 48 giorni attraverserai in sella alla bici 48 stati degli Stati Uniti, per cambiare la vita a 48 donne dell’Uganda…
“Partirò il 30 aprile per attraversare 48 stati degli Stati Uniti, lasciando fuori Alaska e Hawaii perché non sono stati attigui, quindi farò solo quelli continentali, in 48 giorni. Sono circa 12000 chilometri, vorrei fare uno stato al giorno. Parto dal Montana per arrivare a Boston e durante questa pedalata tento un nuovo World Guinness Record ma soprattutto questi 12000 chilometri sono fatti per raccogliere fondi per cambiare la vita a 48 donne dell’Uganda. Infatti attraverso il mio sito web www.keepbrave.comle persone possono comprare una bici o metà bici con una donazione di 120 euro o 60 euro. Quando torno dagli Stati Uniti, vado in Uganda e compro tante bici quante donazioni mi sono state fatte, da regalare a queste donne di un villaggio che sto definendo insieme all’Ambasciatore Italiano in Uganda, probabilmente vicino a Karamoja che è una zona colpita dalla guerra, molto povera. In questo Paese la bici cambia decisamente la vita, perché, per fare un esempio, una donna per partorire deve fare 30 chilometri a piedi prima di raggiungere un ospedale, i ragazzi per andare a scuola devono fare 20 chilometri a piedi e quando arrivano si addormentano sui banchi perché sono stanchi, per andare a prendere l’acqua nei pozzi devono fare 15 chilometri, quindi la bicicletta è davvero vitale per l’Uganda e con questa nuova impresa voglio raccogliere fondi e fare un piccolo gesto per persone che hanno sicuramente più bisogno di noi”.
*foto dalla pagina facebook ufficiale di Paola Gianotti (clicca qui)