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“Tarantella nel castello putipù”: Intervista con il cantautore Bellavista

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di Francesca Monti

Il 13 maggio è uscito “Tarantella nel castello putipù” (Bollettino Edizioni Musicali/Artist First), il primo disco da solista del cantautore Bellavista, anticipato in radio dal singolo “L’Italienne” (link video: clicca qui). L’album è composto da 10 tracce, alcune eseguite con strumenti della tradizione popolare, che, attraverso metafore, citazioni e messaggi importanti celati da una sottile ironia, raccontano storie di vita di persone comuni.

Bellavista, all’anagrafe Enzo Fiorentino, è un cantautore e polistrumentista nato a Napoli, il 24 Novembre 1978. Sin da bambino si è avvicinato alla musica, studiando pianoforte, chitarra e basso elettrico. Durante la sua carriera ha suonato in tour con l’orchestra del Festival di Napoli, collaborato con Tony Esposito e, come musicista, con Alessio Caraturo per il disco di platino “Ciò che desidero”, contenente il singolo “Goldrake”. Nel 2002 è entrato nei primi otto finalisti di "Destinazione Sanremo" con i Callisto. Successivamente si è esibito da "one-man-band" per far ascoltare la sua musica.

Ecco cosa ci ha raccontato Bellavista riguardo il disco “Tarantella nel castello putipù'” e i prossimi progetti.

Enzo, è uscito il tuo nuovo disco “Tarantella nel castello putipù'”. Puoi raccontarci come è nato questo album?

“Ho scritto e cantato storie di persone semplici, gente che ho incontrato per strada. E’ un disco contenente dieci tracce, che attraversano metafore e citazioni. Ho giocato con svariati riferimenti, non solo nei testi, incuriosendo il pubblico come in una "caccia al tesoro", così da scovarci un jingle di uno spot pubblicitario, la colonna sonora di una serie televisiva o di un cult all'Italiana. Insieme con l'arrangiatore Luca Stendardo e il mio chitarrista Flavio Gaudino abbiamo scelto di dare un sapore più reale al sound dell'album, dando poco spazio all'elettronica da "computer", preferendo all'uso di un freddo plugin, il sapore di una fisarmonica, di un mellotron o di un contrabbasso, di una cuica e di un prepotente surdo, insomma i suoni popolari del mondo, non solo della mia terra. E‘stata una sfida controcorrente, un distacco dal gregge, un ritorno all'uso corretto del verbo suonare”.
Il disco è stato anticipato dal singolo “Italienne”, che racconta di un uomo fuggito dall’Italia, che affronta un viaggio immaginario, attraverso una serie di citazioni di canzoni che hanno caratterizzato la storia della musica italiana. Potremmo definirlo come la metafora del legame con la propria terra ma anche un omaggio alla canzone italiana…

“Hai colto perfettamente il senso. E' un modo per sintetizzare in pochi minuti questa forte contraddizione: un inno d’amore di un italiano medio di oggi verso la sua patria, conteso tra voglia di abbandonare la terra che tanto critica e il desiderio di restarne attaccato. Inoltre, il cantautorato italiano fa parte del mio background, é la mia "scuola", rendergli omaggio mi è sembrato oltre che naturale, doveroso”.

Ci sono delle tracce che affrontano invece tematiche attuali, penso a “Sei in lista? (Il tipo alternativo)” dove sottolinei come oggi nella nostra società sia necessario omologarsi per essere accettati, e “Tarantella nel castello putipù'” che parla della situazione sociale che stiamo vivendo…

“Viviamo in un circo di maschere e costumi, dietro cui amiamo nascondere le nostre ipocrisie, io ho preferito riderci su realizzando brani su cui ballare e cantare. La canzone Tarantella nel castello putipù, che da il titolo all'album, ne è rappresentativa, il termine "Tarantella" prende il significato di aggregazione, di corteo, di riunione di uomini felici, in quanto consapevoli di possedere quella che è la vera bellezza nella semplicità delle cose, riconoscendosi un po' tutti re in una terra senza castelli”.

A cosa ti ispiri per scrivere le tue canzoni?

“Non esiste un manuale di ispirazione, un'ispirazione è un'ispirazione, nasce all'improvviso. Potrei scrivere di un volo di uccello e subito dopo di Mussolini. L'artista vive di stati d'animo in un volubile vortice di idee istantanee”.

Come mai hai scelto Bellavista come nome d’arte?

“Sono stato folgorato dalla visione del film 'Così parlò BellaVista' di Luciano De Crescenzo, dalla similitudine delle mie idee con il suo personaggio: il professor Bellavista, un uomo d'amore, di consigli e di elegante ribellione, quella del pensiero e non violenta. Un uomo che descrive la bellezza della sua terra ma nel contempo denuncia i suoi aspetti più disparati. Un Italienne perfetto, proprio come me”.
Quali sono i tuoi riferimenti musicali?

“Sono un musicista curioso, sono sempre andato in fondo ai miei interessi. Mi attrae la cronistoria di un'opera, di un disco, di una band, di un cantautore, cerco di scoprirne gli aspetti più particolari. Potrei farti una lista enorme, dai Talkin Head agli Smiths, dalla intera scena punk inglese alla follia di Bowie, ma mi fermo qui. Ho studiato i cantautori italiani, letto migliaia di testi: Dalla, Gaber, De André, Battisti, Rino Gaetano, Jannacci, Lauzi, Bindi, Paoli, restando però, sempre legato al primo amore, quello che non si scorda mai: The Beatles”.

Hai suonato in tour con l’orchestra del Festival di Napoli, collaborato con Tony Esposito e come musicista con Alessio Caraturo per il disco di platino “Ciò che desidero”. Con quali altri artisti ti piacerebbe lavorare in futuro?

“Con Elio e le storie tese”.

All’uscita del disco seguirà un tour?

“Sicuramente, stiamo lavorando per voi. Ci siamo resi conto che riprodurre l'album dal vivo necessita di duro lavoro, ci sono troppi strumenti particolari che non possono non esser mostrati al pubblico. Per la metà di giugno saremo pronti per divertirci in ogni luogo e in ogni lago”.

***
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Leggi l'intervista de "Il Popolo Veneto" con Vincenza Sicari (clicca qui)


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