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Intervista con Niccolò Fabi: “Una somma di piccole cose è il disco che da sempre avrei voluto realizzare”

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di Francesca Monti

Oggi, Venerdì 22 aprile, esce “Una somma di piccole cose”, il nuovo album di Niccolò Fabi. Dopo due album corali, il suo “Ecco” e “Il Padrone della festa” (con Silvestri e Gazzè), Niccolò ha scelto di dedicarsi al “disco che avrebbe sempre voluto realizzare” e di farlo in totale autonomia, creandolo e registrandolo in una casa di campagna, sulla scia dei suoi ascolti musicali quotidiani, in particolare il cantautorato folk statunitense.

Anticipato dai singoli “Una somma di piccole cose”, “Ha perso la città” e “Facciamo finta”, che ne rappresentano le tre anime, l’album, sintesi di un percorso artistico e umano, si compone di 9 canzoni che affrontano temi intimi e sociali.

Abbiamo incontrato Niccolò Fabi negli uffici della Universal Music e parlato con lui di “Una somma di piccole cose”, un disco che va assaporato lentamente e con attenzione, per poterne cogliere l’essenza.   

Niccolò, il tuo nuovo progetto “Una somma di piccole cose” arriva dopo il disco e il tour “Il Padrone della festa” con Max Gazzè e Daniele Silvestri. Quanto questa esperienza ha influenzato il nuovo lavoro, da te scritto e prodotto? La scelta di sonorità essenziali è legata anche ad un’esigenza personale di tornare al tuo stile?

“Sono stati due anni bellissimi, intensi, divertenti come non mai, perché nel gruppo le responsabilità sono minori e ci si diverte di più. Dal punto di vista delle esperienze è stato un carico di emozioni nuove, che da solo non avrei potuto vivere. Non è stato solo fare un disco, ma un viaggio incredibile in Africa, un viaggio in tre a suonare nei club in Europa per 15 giorni, nei palazzetti, all’Arena di Verona con la standing ovation finale. Se fai tutto questo al ventesimo anno di carriera te lo godi maggiormente, ha un sapore diverso, è un premio. Sono tutte cose che ti danno forza e conferme. Quella sensazione di avere convinto un gruppo di persone a seguirmi, a fidarsi, a voler bene a quel modo di essere l’ho avuta negli ultimi cinque anni. Tutte queste conferme unite al momento di collettività massima con Max e Daniele hanno fatto sì che da una parte ci volesse un momento per gettare fuori tutto ciò che avevo accumulato, dall’altra per fermarmi un attimo, perché dopo il tour seguito all’uscita del disco “Ecco” è partito subito il progetto con il trio. C’era un desiderio nel mio caso di allontanarmi da un momento personale terribile, insieme alle gioie derivanti dal periodo forse più bello della mia carriera. Quindi avevo bisogno di prendere un tempo totalmente mio, senza distrazioni, in una casetta in campagna, con microfoni e strumenti. Così ho scritto questo disco, che considero una sorta di regalo, è ciò che da sempre avrei voluto realizzare. Fare in questo momento un disco così essenziale è ancora più bello. Per goderne bisogna mettere le canzoni un po’ più vicine all’orecchio. Forse il fatto di togliere tutti gli artifici possibili nella registrazione deriva dal fatto che come produttore ho pensato che per il mio tipo di linguaggio che non è mai troppo violento o aggressivo, ci fosse bisogno di silenzio attorno. Le stesse cose che nella confusione sembrano non emozionanti, in una situazione intima lo diventano, infatti non suscitano lo stesso effetto se non c’è il supporto emotivo-ambientale che le fa risultare più forti”.

Questo disco è nato in un tempo molto breve…

“Per me la priorità è riuscire a conservare una musicalità, la canzone ha degli equilibri magici, mi piace come musica e testo interagiscono tra loro. Il disco è stato prodotto tecnicamente in due mesi. Ho preparato gli accordi, gli appunti di partenza e poi gli ingredienti si sono incontrati al momento della registrazione. Improvvisamente mi sono accorto che era tanta la voglia di stare in quel luogo che ha fatto sì che le canzoni nascessero già levigate”.
    
Nella canzone che dà il titolo al disco canti “Abbiamo due soluzioni. O un bell'asteroide e si riparte da zero o una somma di piccole cose”. La musica può servire a cambiare quello che non va?

“Le canzoni non devono scrivere delle teorie per la risoluzione dei problemi, devono in qualche modo pungolare il nostro pensiero, la nostra curiosità su cosa ognuno di noi può fare o non fare, aderire ad una disillusione imperante, totale, o in qualche modo immaginare una rivoluzione possibile. L’Italia non è un paese di rivoluzionari ma di conservatori, spaventato dai cambiamenti reali, dalle grandi trasformazioni in cui c’è una componente di rischio evidente”.  

“Una somma di piccole cose” è un album in cui è presente la tematica molto importante della coscienza ambientale e della sostenibilità, affrontata anche nel disco “Il padrone della festa” e nello spettacolo “Musica Sostenibile”, scritto e ideato insieme al geologo Mario Tozzi…

“La musica è sostenibile, l’energia è sostenibile, lo è anche una canzone che approfondisce un tema ambientale, ma essere sostenibile umanamente come persona è ancora più importante, non è semplicemente un gesto, una campagna, che ha un tempo di vita minore rispetto a un esempio che porti in giro ogni giorno nelle conversazioni con gli amici, in quello che scrivi e che sei, è la traduzione in pratica di un atteggiamento, è quello che trasmetti, che va al di là della sua esplicitazione in quanto slogan. Il mio percorso è stato più lungo di altri forse perché non amando gli slogan ho dovuto essere prima credibile come persona per far sì che quello che dicevo tra le righe diventasse chiaro. Questa sostenibilità corrisponde a un colore di fondo, a una caratteristica che alcune persone hanno di sentirsi a proprio agio all’interno del territorio, dell’ambiente, della natura, è una necessità di vita. Quando avevo 16-17 anni organizzavo un weekend fuori con gli amici e decidevo come utilizzare il tempo libero, il grande classico era andare in trattoria il sabato sera in un paesino fuori città, o andare dall’amico che aveva una casa in campagna. I Capodanni, le grandi feste le passavo con dieci amici, il camino acceso, una bottiglia di vino, ascoltando della buona musica, piuttosto che andare a Rimini e fare la serata in riviera. Non è una scelta, ti senti risucchiato magneticamente da quel tipo di stato d’animo vitale, gioioso, non aggressivo, in cui ti lasci andare, protetto da questo contorno per cui anche le prime esperienze di ebbrezza ti sembrano diverse, infatti un conto è se sei in un bosco con pochi amici a guardare il cielo, un altro se sei in una discoteca con la musica a palla, fai dei pensieri diversi, anche il tuo immaginario psichedelico è inevitabilmente differente. Io ero evidentemente indirizzato verso questo percorso”.

Ci sono poi due canzoni d’amore, “Una mano sugli occhi” e “Le chiavi di casa”, che affrontano le diverse sfumature dell’amore…

“Quando si entra nel campo della canzone d’amore diventa un terreno scivoloso, perché vai a raccontare delle sfumature dell’amore, che riguardando tutti e ognuno può esprimere la propria opinione. E’ un luogo in cui la banalità, il qualunquismo sono più possibili e pericolosi. Le canzoni d’amore del disco sono due: “Una mano sugli occhi” e “Le chiavi di casa”, sono sfumature di amore diverse, la prima è legata a un amore adulto, che si confronta con le trasformazioni inevitabili di due persone che attraversano momenti della vita diversi, di cui sono compagni e testimoni e che sono condizionati da questi eventi, anche nel modo in cui si guardano. E più accadono cose nella vita più si crea un’alleanza tra due persone, al di là del sentimento prettamente amoroso si crea un ponte unico tra due esseri umani e la sensazione che avvicinandosi piano piano la fine della vita l’importanza dell’amore cambia radicalmente, perché la tua compagna o compagno ti accompagnerà nell’ultimo momento della tua esistenza. Quindi anche la percezione della persona che ami si modifica e passa da quello o quella che avevi visto da lontano e ti ha colpito per la sua silhouette, per il suo sguardo fugace che ti ha fatto venire il batticuore, alla persona che ti metterà la mano sugli occhi quando ti addormenterai per l’ultima volta. E’ una delle infinite possibilità che l’amore può offrirti. L’ho scritta perché mi sembra sia una caratteristica che tanti possono percepire. In “Le chiavi di casa” c’è una sfumatura diversa, si intende l’amore nel senso di mettere nelle mani dell’altra persona la propria vita. È un fatto di fiducia e di affidamento e le chiavi di casa sono il simbolo di un passaggio di consegne sia in un rapporto interpersonale di coppia sia in un’altra ottica, che è quella a cui mi riferisco io quando scrivo, cioè quando le chiavi di casa le dai a tuo figlio o a tua figlia. E’ sempre una canzone d’amore ma sottolinei tutto quello che vorresti che da te passasse a lui o a lei, perché quando c’è amore i confini della proprietà privata si allentano, quello che è mio è anche tuo, in qualche modo”.

Nel comunicato stampa affermi che “la canzone può fungere da farmaco, contro il disagio sociale e come spinta verso la condivisione”…  

“Un mese fa ho letto un articolo su internet che diceva che la mia canzone “Costruire” era stata utilizzata in ambito terapeutico. Nei momenti più importanti della mia vita la musica e la natura mi sono serviti come farmaco, per farmi ripartire, per ricominciare. Mi piacerebbe tantissimo che questo disco, che dedico a tre miei amici che stanno combattendo la battaglia più importante per la vita, possa avere una funzione terapeutica, che possa essere d’aiuto a chi soffre per ritrovare quella vitalità fondamentale per tornare a vivere”.

Da maggio sarai in tour nei teatri. Puoi darci qualche anticipazione riguardo a quello che vedremo?        

“Tendenzialmente non reggo emotivamente più di 1 ora e mezza, 2 ore di concerto. Canterò i nuovi pezzi ma anche quelli passati, che appartengono al mio repertorio e che piacciono molto al pubblico. Sarà un concerto vissuto in maniera vitale, energetica. Avrò con me un nuovo gruppo di musicisti, li ho conosciuti quando sono andato a vedere a Roma il live di Alberto Bianco e ho deciso di chiamarli per condividere con me il palco nel prossimo tour. Stiamo facendo le prove e le sensazioni sono molto positive”.

A partire da venerdì 22 aprile, “Una somma di piccole cose” (Universal Music), verrà raccontato da Niccolò Fabi nelle Feltrinelli delle principali città italiane. Questi gli appuntamenti: venerdì 22 aprile a Roma (Via Appia Nuova, 427), sabato 23 aprile a Firenze (Piazza della Repubblica), domenica 24 aprile a Bologna (Piazza Ravegnana, 1), martedì 26 aprile a Milano (Piazza Piemonte, 2), mercoledì 27 aprile a Torino (Stazione Porta Nuova), giovedì 28 aprile a Verona (Via Quattro Spade, 2), il 2 maggio a Bari (Via Melo, 119), il 3 maggio a Napoli (Piazza dei Martirti), il 4 maggio a Catania (Via Etnea) e il 6 maggio a Cagliari (Via Paoli).

Da maggio il cantautore romano sarà in tour nei teatri, antiteatri, auditorium e piazze storiche e a quelli già comunicati si aggiungono nuovi appuntamenti: il 17 luglio a Padova (Parco della Musica), il 18 luglio a Barolo - CN (Collisioni Festival) e l'1 agosto a Follonica - GR (Teatro Le Ferriere). Già sold out, invece, la prima data milanese del 23 maggio all’Auditorium di Milano. I biglietti per le date di Assisi, Napoli, Roma, Milano, Bologna, Torino, Verona, Mantova, Rovereto, Fiesole, Palermo e Pescara sono disponibili in prevendita sul circuito Ticketone (www.ticketone.it) mentre sono disponibili su Bookingshow i biglietti per le date di Lecce e Bologna (http://www.bookingshow.it).

Questa la tracklist di “Una somma di piccole cose”: “Una somma di piccole cose”, “Ha perso la città”, “Facciamo finta”, “Filosofia Agricola”, “Non vale più”, “Una mano sugli occhi”, “Le cose non si mettono bene”, “Le chiavi di casa” e “Vince chi molla”.

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Aiutiamo Vincenza Sicari nella maratona più importante, quella per la vita. Firma la petizione lanciata da “Il Popolo Veneto - Giornale Italiano Fondato nel 1921” (clicca qui)

Leggi l'intervista de "Il Popolo Veneto" con Vincenza Sicari (clicca qui)

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