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Channel: IL POPOLO VENETO
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Intervista con Milena Miconi

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diFrancesca Monti
Abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Milena Miconi, bravissima attrice e showgirl, che ha preso parte a tante fiction di successo, da “Don Matteo” a “Terapia d’urgenza”, da “San Pietro” a “Gente di mare 2”, da “Il commissario Rex” a “Il restauratore 2”, a famosi film come “Fuochi d’artificio” e “Il disordine del cuore”, e a tantissimi spettacoli teatrali.
In questa intervista che ci ha gentilmente concesso (grazie a Giovanni Giglio di Catino & Giglio Ufficio Stampa), Milena Miconi ci ha parlato del ruolo che interpreta nella commedia “Babbo Natale non viene da Nord”, dello spettacolo teatrale che sta portando in giro per l’Italia dal titolo “Ieri è un altro giorno”, dei ricordi legati al Bagaglino e dei prossimi progetti.
Milena, sei attualmente al cinema con la commedia di Maurizio Casagrande “Babbo Natale non viene da Nord”, in cui interpreti una segretaria…
E’ la segretaria dell’agente di questo attore squinternato che non riesce a combinare niente. E’ una partecipazione amichevole, ci siamo divertiti molto perché abbiamo creato questa segretaria un po’ svampita, ma sostanzialmente buona, carina, che non si rende nemmeno conto di quello che le succede intorno. E’ stato un piacere lavorare con Maurizio Casagrande, lo conoscevo già e ho grande stima professionale di lui, quindi sono stata felice di interpretare questo piccolo ruolo nella sua commedia”.
A teatro invece interpreti Sofia nello spettacolo “Ieri è un altro giorno”, che state portando nei teatri italiani…
Sofia è un’altra segretaria, questo è il momento delle segretarie, io vado a periodi, tutti magistrati, poi avvocati, poi sindaci…adesso ho lasciato da parte le istituzioni e mi sono dedicata alle segretarie (ride)… E’ una commedia nuova, molto particolare, dove succedono cose strane, è anche un po’ difficile da spiegare perché svelerei il mistero di questo spettacolo. Posso dire che c’è un personaggio che è interpretato da Antonio Cornacchione che creerà un po’ di scompiglio all’interno di questo studio di avvocati. E’ una storia in cui si ritorna indietro, si ricomincia sempre daccapo fino a che non si capirà quello che succede veramente…E’ una commedia francese divertente, brillante, che ha avuto molto successo a Parigi, è stata ripresa da Gianluca Ramazzotti che è l’altro protagonista maschile e che l’ha messa in scena con la scenografia originale. Abbiamo anche il regista originale che è Eric Civanyan e stiamo portando questo spettacolo in giro per l’Italia”.
Tra tutti i ruoli che hai interpretato a teatro, al cinema e nelle serie tv, ce n’è uno a cui sei più legata?
Mi sono divertita a fare tante cose. Recitare nella serie “Don Matteo” è stato molto bello perché interpretavo questo sindaco che aveva una storia con il capitano, un personaggio amato dagli spettatori quindi è stato un momento molto bello, poi un’altra esperienza particolare è stata quella di “Terapia d’urgenza”, dove mi sono calata nei panni di un medico, anche tecnicamente, avevamo dei medici vicino che ci spiegavano quello che succede negli ospedali, ed è stato molto interessante. Per quanto riguarda il teatro ci sono tanti ruoli che mi sono piaciuti, io ho interpretato quasi sempre commedie, mi sono divertita ad esempio con Diego Ruiz quando abbiamo fatto “La stranissima coppia” perché era un ruolo particolare, uno spettacolo che raccontava i quarantenni di oggi che devono rimettersi in gioco in amore. Dopo una storia magari finita male si ricomincia daccapo sempre con l’incubo di ricadere nuovamente in una situazione sbagliata, una storia in cui tutti si ritrovavano, si rispecchiavano, quindi è stato molto divertente. Tanti ruoli che ho interpretato mi sono rimasti nel cuore, altri un po’ meno, infatti qualcuno nemmeno me lo ricordo, anche quello fa parte del gioco”.
Qualche anno fa insieme a Jerry Calà hai interpretato la commedia musicale “E mi ritorni in mente”. Ti piacerebbe prendere parte ad un musical in futuro?
Io sono sempre aperta alle belle situazioni, per cui se dovesse capitare un musical accetterei volentieri di interpretarlo. Nel 2012 al Sistina abbiamo fatto con Rodolfo Laganà “Campo de’ Fiori”, non era proprio un musical ma una commedia musicale meravigliosa ambientata a Roma a Campo dei Fiori, ed è stato molto divertente. Rodolfo poi è una persona eccezionale, è stato un lavoro strepitoso. Anche quello è importante. Alla fine oltre al ruolo è fondamentale anche con chi condividi quel momento”.
Che ricordo hai della tua esperienza al Bagaglino, che ha segnato il tuo debutto televisivo?
Tanti ricordi, un’esperienza bellissima, nuova, molto forte, di grande impatto, anche perché passare dal teatro alla televisione da un giorno all’altro, da sconosciuta a conosciuta perché comunque facevamo otto milioni di telespettatori, quindi avevamo un pubblico grande, importante, è stata un’esperienza che ha segnato il mio passaggio nel mondo dello spettacolo. Ho lavorato con tanti grandi attori, all’interno del Bagaglino mi sono trovata a stare vicino a grandi artisti, a partire da Pingitore, che è stato per me un punto fondamentale, mi ha insegnato tanto, anche il meccanismo del teatro e della televisione. Quest’esperienza è stata come uno tsunami per me però mi ha lasciato tante cose belle nel cuore”.
Come riesci a gestire contemporaneamente la carriera e la famiglia?
Non la gestisco, quando non ci sono mio marito gestisce la famiglia, perché per me è impossibile, forse con un figlio sarebbe fattibile, con due non si riesce. Io do un contributo con la mia voce per organizzare quelle piccole cose che posso fare da lontano”.
In quali progetti ti vedremo prossimamente impegnata?
Finito questo spettacolo, inizierò la tournée con un’altra commedia con la regia di Diego Ruiz, che si chiama “L’uomo perfetto”, con Emanuela Aureli e Thomas Santu. E’ uno spettacolo molto divertente, dove si gioca sui rapporti, sul fatto che è difficile trovare la persona giusta, tanto che a volte si vorrebbe addirittura crearla, ma anche quando verrà creato questo uomo perfetto si scoprirà che poi perfetto non è”. 

“Il Professor Cenerentolo”: Intervista con Leonardo Pieraccioni

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di Francesca Monti
Il 7 dicembre uscirà “Il Professor Cenerentolo”, il nuovo film di Leonardo Pieraccioni, in cui interpreterà il ruolo diUmberto, un uomo che per evitare il fallimento della sua disastrata ditta di costruzioni tenta un maldestro colpo in banca che gli frutta però solo quattro anni di carcere.
Abbiamo incontrato il simpaticissimo Leonardo Pieraccioni alla Terrazza Martini di Milano (grazie a Serena Ardimento dello Studio Lucherini Pignatelli, a Delia Parodo dello Studio Sottocorno e ad Andrea Fantacci di Vegastar) per parlare del suo nuovo film.

Leonardo, il 7 dicembre esce al cinema “Il Professor Cenerentolo”, a cosa ti sei ispirato per scrivere questa storia?
Io mi sono ispirato al popolo veneto, volevo fare un film proprio per il popolo veneto e far sì che il bottino della rapina fosse una gondola a Venezia, che volevo poi far passare da Pontida per rivenderla ai napoletani. Il soggetto era questo poi ti dico dove sono andato a parare. I napoletani non volevano pagare la gondola, allora ho cambiato e ho girato il film nella meravigliosa isola di Ventotene dove sono recluso in carcere e dove la buona, brava e profumata Chiatti crede che io lavori”.
Inizia così scherzosamente la nostra intervista con Leonardo Pieraccioni, che ci ha poi parlato del suo personaggio, Umberto, e di come si sente cambiato rispetto al suo esordio alla regia cinematografica avvenuto nel 1995 con “I Laureati”.
Umberto, il tuo personaggio, è diverso da quelli finora da te interpretati, è un uomo disilluso dall’amore, anche se c’è una donna che lo fa innamorare, Morgana, interpretata da Laura Chiatti…
Non è che proprio si innamora, Umberto e Morgana sono come si dice in Toscana due grulli messi insieme, sono come cani sciolti per la strada che a un certo punto si annusano e fanno un percorso comune, nobilitando questo incontro con il tentativo, fortunatamente riuscito, di recuperare la fiducia della figliola, perché Umberto, essendo in galera, non è che gode di una grande stima da parte della figlia. Questo incontro tra Umberto e Morgana serve per cercare di avvicinare una figlia 14enne, in un’età adolescenziale molto delicata, al padre”.
Il Professor Cenerentolo” a differenza delle commedie sentimentali non ha un happy ending, infatti anche sulla locandina dopo la scritta “e vissero felici e contenti” c’è un punto di domanda…
Mi sono regalato a 50 anni un film sull’amore supremo e non sull’amore tra un uomo e una donna. L’amore supremo è quello di un babbo nei confronti della figliola e mi divertiva proprio fare dei personaggi che magari capiscono nel loro percorso di zoppi che possono aiutarsi in qualche modo e sorreggersi nel tentativo di camminare pari. Come nella commedia meravigliosa di un tempo, in cui si raccontavano i colpi anche al cinema, sono soprattutto personaggi stonati. Una battuta della sceneggiatura del film “Il Professor Cenerentolo”, che poi abbiamo tolto, diceva “sono in bilico su un coriandolo”, cioè sono molto precari, sono personaggi che non riescono a trovare la loro meta, anche se quella più nobile del recupero del rapporto del padre con la figliola la troveranno”.
Francesca Monti, Vice-direttrice de "Il Popolo Veneto" con Leonardo Pieraccioni
Una tematica trattata dal film è quella della precarietà del lavoro. Per scrivere questa storia ti sei ispirato a ciò che accade oggi nella nostra società?
Adesso il vero lavoro è cercare di riscuotere, di incassare, si passa dalla parte del torto quando uno chiede i soldi a colui che te li deve dare e quello dice aspetta te li darò, c’è ormai questa forma di follia, raccontatami anche dal mio idraulico che aveva una società che è fallita perché un albergo che stava ristrutturando non l’ha pagato. Quindi suo malgrado è dovuto fallire, suo malgrado magari avrà pensato, nella disperazione, di fare un colpo come il mio personaggio. Però c’è anche questa tematica struggente e dolorosissima, se io lavoro devo essere retribuito”.
Dal tuo primo film che hai diretto, “I Laureati”, nel 1995, sono passati venti anni. Com’è cambiato Leonardo Pieraccioni da allora ad oggi?
Fortunatamente fare questo lavoro è come un eterno montare un trenino elettrico e divertirsi come i bambini a Natale, per cui ti mantiene giovane. La fantasia poi, come dice nel film il direttore del carcere, interpretato da Flavio Insinna, rende gli uomini liberi, un mestiere così sotto il punto di vista della mente ti tiene sempre 27enne, poi è chiaro che crescendo cambia la struttura molecolare, il colesterolo e la digestione…”.
Se dovessi invitare i nostri lettori a venire a vedere “Il Professor Cenerentolo”…
Dovrei dire delle cose troppo specifiche, relative al mutuo, eccetera… Invece sotto il punto di vista poetico e del divertimento, spesso e volentieri uno dei complimenti che apprezzo è quando mi si dice “sai che ho visto il tuo film e sono stato un’ora e mezza bene”, questo è difficile e quindi io credo che vedendo “Il Professor Cenerentolo” ci possa essere questo tipo di divertimento, anche questo tipo di struggimento con il nostro protagonista nei confronti della figlia. In questo periodo storico tremendo, pauroso, giustamente iperpreoccupante se uno riuscisse veramente a staccare per un’ora e mezza sarebbe un bellissimo premio per me”.
***
Il Professor Cenerentolo” - Regia di Leonardo Pieraccioni. Con Leonardo Pieraccioni, Laura Chiatti, Davide Marotta, Sergio Friscia, Nicola Acunzo, Massimo Ceccherini, Flavio Insinna, Lucianna De Falco.
SINOSSI: Il film racconta la storia di Umberto (Leonardo Pieraccioni) che per evitare il fallimento della sua disastrata ditta di costruzioni tenta insieme ad un dipendente (Massimo Ceccherini) un maldestro colpo in banca che gli frutta però solo quattro anni di carcere! Ma se non altro, nella prigione di una bellissima isola italiana: Ventotene. Adesso Umberto è a fine pena e lavora di giorno nella biblioteca del paese. Una sera, in carcere, durante un dibattito aperto al pubblico, conosce Morgana (Laura Chiatti), una donna affascinante, un po' folle e un po' bambina. Morgana crede che lui lavori nel carcere e che non sia un detenuto. Umberto, approfittando dell'equivoco, inizia a frequentarla durante l'orario di lavoro in biblioteca. Ma ogni giorno entro la mezzanotte, proprio come Cenerentola, deve rientrare di corsa nella struttura per evitare che il direttore del carcere (Flavio Insinna) scopra il tutto e gli revochi il permesso di lavoro in esterno.

Laura Bono svela "Segreto" nel nuovo videoclip

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Segreto è dedicato alla vita e all’amore, che è pilastro del mondo. Parla di amori soffocati, costretti a vivere nascosti per via delle convenzioni. Quelli omosessuali ma anche quelli clandestini. La forza dell’amore è vivere alla luce del sole, se lo si tiene nascosto, in silenzio, perché la società ha altre regole, muore”. (Laura Bono)
 
Ad una settimana dall’uscita del suo quarto album Segreto, autoprodotto con la sua label indipendente La Mia Isola, la cantautrice Laura Bono pubblica il racconto per immagini che parla degli amori nascosti, canto di libertà dedicato alla vita e all’amore.

Una storia fatta di sguardi, di gesti, di corpi, veri o sognati, che svela con delicatezza ed eleganza il cuore“Segreto” della canzone che dà il titolo all’album.

Laura Bono e Siria De Fazio (amiche nella vita) sono le protagoniste interpreti del videoclip, il loro incontro dà vita al desiderio d’amore, a un sentimento di passione e nostalgia insieme “Amore quando torni per restare qui? …Sì farò la brava e tu, farai la brava?”. Alla bellezza si contrappone il silenzio, che logora l’amore nascosto. Il sentimento che sembrava custodito e al sicuro dietro persiane ben chiuse soffoca, lasciando un ricordo, forse solo un sogno.

Realtà e sogno si sovrappongono nelle sequenze filmate con la sapiente regia di Mimmo Verduci, dando forma al testo e alla musica della canzone, sussurrato e poi trasportato in un crescendo di pianoforte, chitarra e batteria.

In Segreto parlo della mia esperienza, ma anche di quella di tante persone che mi stanno intorno, ma non chiamatelo coming out  - ha dichiarato Laura Bono in un’intervista al settimanale Vanity Fair - Dopo una storia di tredici anni con un uomo mi sono innamorata per la prima volta di una donna. E per un po’ l’ho tenuto nascosto perché la società mi suggeriva di fare questo. Io non ho mai detto chi sono/non sono, ma ho capito quanto bisogno ha la gente di liberarsi. E che l’amore non va mai soffocato”.


“Le cose che non ho”, il nuovo album di Marco Mengoni

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E' uscito venerdì 4 dicembre “Le cose che non ho”, il nuovo album di Marco Mengoni, undici brani inediti che completano la “playlist in divenire” nata con l’album multiplatino Parole in circolouscito lo scorso gennaio.

Realizzato tra Milano e Los Angeles e prodotto da Michele Canova, “Le cose che non ho” prosegue il percorso artistico inaugurato un anno fa con il successo di Guerriero.

Le cose che non ho” è il titolo che ho scelto per ricordare a tutti, ma prima di tutti a me stesso, quanto sia importante sapersi guardare dentro, imparare a godersi gli attimi della vita, i singoli momenti che compongono una giornata, e - nel mio caso- la fortuna che mi è capitata di fare ogni giorno quello che più mi piace. E’ una delle ballad più importanti del disco e anche per questo ho voluto che fosse la title track dell’album”, ha dichiarato il cantautore.

Le cose che non ho” (Vol. 2di2) contiene Parole in circolo, il brano che ha dato il titolo all’album precedente, e che rappresenta il vero e proprio manifesto di tutto il progetto e di questo momento artistico del cantautore di Ronciglione.

Scritta da Mengoni con Rory Di Benedetto (che con Marco firma anche Ricorderai l’amore, Resti indifferente e Dove siamo) e Maurizio Musumeci, il brano è il pensiero di Marco oggi:

Quante cose fai che ti perdi in un attimo, quanti amici hai che se chiami rispondono, quanti gesti fai per cambiare in meglio il mondo…Libero libero libero mi sento libero”.

Parole importanti che ancora di più, in queste giornate, ben rappresentano l’universo di Marco, proposto con un canto per lui del tutto inedito, in forma “quasi parlata” senza mai forzare la voce che più che mai è lo strumento per consegnare delle parole… “in circolo”.

Per questo nuovo album Marco ha voluto confermare alcune importanti collaborazioni. Come quella con Fortunato Zampaglione con il quale, dopo il clamoroso successo di Guerriero (4 dischi di platino e oltre 38 milioni di view), firma Ti ho voluto bene veramente che, uscito lo scorso 16 ottobre, ha anticipato l’uscita del nuovo disco conquistando oltre 13 milioni di view ed è già stato certificato platino.
O come quella con Ermal Meta (co-autore di Pronto a correre, 20 sigarette, Natale senza regali) con cui firma Le cose che non ho, Ad occhi chiusi, e con Dario Faini (con Mengoni e Meta è autore del successo dell’estate Io ti aspetto), che in questo nuovo progetto è ancora con loro co-autore de La nostra estate. Ma anche nuove collaborazioni come quella con Antonio Filippelli che, insieme a Ermal Meta e Mengoni, collabora per Nemmeno un grammo, dove per la prima volta Mengoni si cimenta un'interpretazione rap hip-hop, con uno stile che rende il canto più corposo e deciso.

Nell’album la partecipazione straordinaria di Sia, una delle più acclamate protagoniste della scena pop internazionale, che ha voluto regalare un brano a Mengoni: Rock bottom, l’unico pezzo in inglese di tutto il progetto Parole in circolo de Le cose che non ho.

Il brano, scritto appositamente per la voce di Marco, rappresenta una vera eccezionalità: l’unico altro artista europeo per cui la cantautrice Sia Furler ha composto fino ad oggi è stato infatti il Dj David Guetta.

E’ un grande privilegio quello di poter collaborare con gli artisti che si stimano di più - ha dichiarato Mengoni - Considero Sia la più interessante cantautrice pop del momento. Apprezzo moltissimo il suo modo di comporre e trovo che il suo gusto sia straordinariamente affine al mio nella costruzione di alcune sonorità”.

Uno degli aspetti più evidenti di questo album è proprio la parte degli arrangiamenti vocali curati personalmente da Marco e che già erano presenti in Parole in circolo.
La voce è uno strumento, come il piano, la chitarra, il basso. L’utilizzo delle “voci” (i cori sono un’altra cosa!) ne Le cose che non ho è quello di un tappeto musicale che traccia in alcuni casi la stessa linea melodica del brano e la arricchisce; come per esempio è stato per Guerriero o come in questo nuovo album è per La nostra estate, dove ci sono tracce di sonorità di canti e strumenti “masai”, o come in Nemmeno un grammo”.

In Ad occhi chiusi, la prima vera ballad dell’album, è eccezionalmente presente la tromba del Maestro Marco Tamburini con cui Mengoni ha collaborato nella stesura del brano poco prima dell’estate e a cui resta e resterà sempre profondamente legato.

Nell’album un’altra partecipazione straordinaria: quella di Giuliano Sangiorgi che firma testo e musica di Solo due satelliti impreziosito anche dal cameo della sua voce.

Trovo che i duetti debbano nascere da una relazione “reale” tra le persone”, afferma Marco.“Sono ammirato da coloro che riescono a duettare “a distanza”. Per me la voce è uno strumento che si nutre di sangue, forza e passione e trovo che sia importante riuscire a stabilire un’armonia vocale che solo una reale interazione può dare. Giuliano mi ha fatto sentire alcuni suoi brani. Mi piacevano tutti ma Solo due satelliti mi ha colpito veramente e ho capito subito, sentendola nel provino ‘pianoforte e voce’, che si sarebbe inserita perfettamente nel racconto del disco”.

TRACKLIST DISCO: Ricorderai l’amore, Ti ho voluto bene veramente, Ad occhi chiusi, Resti indifferente, Parole in Circolo, La nostra estate, Solo Due Satelliti, Rock Bottom, Le cose che non ho, Dove Siamo, Nemmeno un grammo. 

Mattarella ai volontari: «Fate parte dell'Italia migliore. Il volontariato è una grande risorsa per il nostro Paese»

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Roma - Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la cerimonia sulla Giornata Internazionale del Volontariato, istituita dalle Nazioni Unite nel 1985 allo scopo di promuovere, valorizzare e incoraggiare l'attività svolta dai volontari di tutto il mondo.
Dopo la proiezione di un video sull'attività del volontariato in Italia, la conduttrice, Geppi Cucciari, ha intervistato sei volontari impegnati in diverse aree: Teresio Cagliero, per le attività socio-assistenziali dei "senza fissa dimora"; Marta Bernardini, per l'assistenza ai rifugiati, operante in una struttura a Lampedusa; Silvia Lombardo, per l'assistenza nelle carceri, operante presso l'Istituto minorile Beccaria di Milano; Lorenzo Mazzieri, volontario della Protezione Civile; Alessia De Fabiani, volontaria del Touring Club Italiano, per la valorizzazione dei beni comuni; Alessandro Manciana, medico volontario della Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale di Volontariato (FOCSIV). 
Successivamente il Presidente Mattarella ha pronunciato un discorso.

LIBRI CONSIGLIATI N°252

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Quello che ho da dirvi. Dialogo tra generazioni lontane un secolo
Pahor Boris
12,50
2015, 110 p., ill., brossura
nuovadimensione (collana Frecce)
La sfida: un gruppo di diciottenni a dialogo con Boris Pahor, un'anima più che centenaria, lucidissima, straordinariamente vitale. Un confronto fra chi si sta affacciando alla vita da cittadino di un'Europa rinnovata, e chi di quell'Europa ha calpestato più volte le ceneri, le contraddizioni, ma anche la sfolgorante storia, la ineguagliabile bellezza. La voce dei giovani ha chiesto, sollecitato, stimolato le risposte del "grande vecchio". Pahor, come un libro prezioso, si è lasciato sfogliare, dando vita a una fitta trama di storie e di nomi, a un interminabile flusso di coscienza senza concedersi silenzi né reticenze. Ha toccato i temi più eterogenei, quali l'identità, la lingua, la scrittura, la vita, la guerra, l'anima, le donne. Ne è uscito un libro dall'alto valore civile, etico e umano. Novant'anni di differenza separano Boris da Sharon, Sofia, Alexa, Mila, Lorenzo e Matteo. Colmati nel lampo di uno sguardo, nell'intensità arguta di un sorriso, nell'ironia di una battuta. Prefazione di Angelo Floramo.

Jihad. Guerra all'Occidente
Molinari Maurizio
18,00
2015, 252 p.
Rizzoli (collana Saggi italiani)
Da Parigi a Londra, da Madrid a Roma, l'Europa è sulla linea del fuoco di una grande guerra per il dominio dell'Islam. Chi guida l'assalto jihadista alle nostre città? Chi si nasconde dietro gli attentati terroristici? Cosa può fare l'Europa per difendersi? “Da Raqqa a Parigi, dalla Siria all’Europa: porteremo la guerra dove vive il nemico.” Con queste parole al-Baghdadi ha annunciato di voler andare “all’attacco dei crociati” per non “farli più vivere in pace”. È la minaccia che ha generato le stragi di Parigi dimostrando che l’Europa è diventata un fronte della guerra combattuta in Siria e Iraq contro i gruppi jihadisti. Ma non è l'unico. Maurizio Molinari, giornalista esperto di questioni mediorientali, disegna per la prima volta una mappa dettagliata del fenomeno jihad. Nei novemila chilometri che separano Tangeri da Peshawar è presente una galassia di gruppi, organizzazioni, cellule e tribù rivali fra loro, ma accomunate dal predicare la jihad come forma di dominio sul prossimo. “Il detonatore è il disegno apocalittico del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi” scrive Molinari “attorno a cui ruotano le sfide fra due rivoluzioni islamiche, cinque potenze regionali di Medio Oriente e Nordafrica, dozzine di grandi clan tribali e una miriade di gruppi armati e sigle terroristiche che si snodano dalle coste del Marocco alle montagne dell’Afghanistan.” Il risultato è un conflitto di civiltà tutto interno al mondo musulmano e che ha identificato nell’Europa un proprio campo di battaglia. I gruppi jihadisti e salafiti hanno già colpito nelle nostre città e pianificano di trasformare le nostre strade in mattatoi di apostati e infedeli, non solo per sottometterci ma soprattutto per imporsi sui loro rivali interni in una lunga guerra destinata a ridisegnare le nostre vite.

Chiamatemi Francesco. Il romanzo della vita di Bergoglio
Grignaffini Giorgio
17,00
2015
Mondadori (collana Arcobaleno)
Chiamatemi Francesco è la storia della “chiamata” che trasforma Jorge Mario Bergoglio in papa Francesco. Il racconto di Giorgio Grignaffini traduce la vicenda umana e spirituale di un papa già quasi santificato in vita in una storia emozionante e romanzesca. Quella di una persona per cui la religione è stata motivo di vita, di speranza, di forza. E che l’ha comunicata agli altri. Per questo Francesco è un papa che sa trasmettere emozioni anche al mondo laico. Sin dai tempi precedenti alla sua “chiamata”, ben prima del suo ingresso nella Compagnia di Gesù, papa Francesco si è sempre schierato dalla parte dei più umili, dei poveri, dei reietti. Il cammino di fede di Bergoglio lo ha portato a scontrarsi con le ingiustizie e ad affrontare i periodi cruciali e drammatici della storia del suo Paese: la dittatura di Videla, la piaga dei desaparecidos, le madri di plaza de Mayo, le calunnie secondo cui sarebbe stato connivente con il regime dei militari, il suo impegno quotidiano nelle bidonville di Buenos Aires. Tra le pagine più intense del romanzo, la scena di Ana Maria, figlia sedicenne e incinta di Esther Ballestrino - grande amica del papa, intellettuale marxista, tra le fondatrici delle Madri di plaza de Mayo, poi uccisa dal regime di Videla -, che, appena rilasciata dai militari, fa ritorno a casa, ferita e tremante. Si segue poi Bergoglio nel periodo in Germania e poi di nuovo in Argentina, con l’apostolato nelle villas miserias, fino al Conclave di due anni fa. In tutte queste circostanze, papa Bergoglio ha brillato per sobrietà, convinzioni salde, volontà di giustizia e persino senso dell’umorismo. Fidanzato con una ragazza lasciata per seguire la vocazione, perito chimico e insegnante di letteratura, buon amico del grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, uomo tra gli uomini, la sua vita personale e pastorale è sempre stata votata al prossimo, senza mai dimenticare gli amici più cari e la famiglia. Chiamatemi Francesco è la storia di un papa che ha sofferto, lottato, ma soprattutto e sempre, vinto qualsiasi battaglia grazie all’amore e alla dedizione.

Tumbas. Tombe di poeti e pensatori
Nooteboom Cees
Traduttore: Ferrari F.
20,00
2015, 375 p., ill., brossura
Iperborea
«La maggior parte dei morti tace. Per i poeti non è così. I poeti continuano a parlare.» Perché comunicano a ognuno qualcosa di personale e accompagnano diversi momenti della nostra vita, innescando con noi un dialogo intimo al di sopra dello spazio e del tempo. Per questo Cees Nooteboom, nel corso di trent’anni di viaggi per il mondo e attraverso i cieli della letteratura, ha visitato le tombe dei grandi scrittori e filosofi che lo hanno segnato, raccogliendo quello che, dietro una lapide di marmo, un monumento bizzarro, un’epigrafe toccante o l’incanto di un’atmosfera, hanno ancora da raccontare. Dal famoso Père-Lachaise di Proust e Oscar Wilde alla pittoresca collina sopra Napoli che ospita Leopardi, dalla cima del monte Vaea, nelle isole Samoa, dove è sepolto R.L. Stevenson, a Joyce e Nabokov in Svizzera. Calvino a Castiglione della Pescaia, Melville in un angolo sperduto del Bronx, e Kawabata nel suo Giappone; Keats e Shelley accanto a Gregory Corso nel romantico Cimitero Acattolico di Roma; Brecht a due passi da Hegel a Berlino est; Brodskij insieme a Pound nell’isola veneziana di San Michele, e il Montparnasse di Baudelaire, Beckett e Sartre, a cui ha scelto di unirsi anche Susan Sontag. Ogni tomba è un lampo sul mondo dello scrittore che la occupa, rievocando una poesia, un frammento di vita o di libro, ispirando folgoranti riflessioni e inattesi collegamenti, in un appassionante pellegrinaggio indietro e avanti nella storia della letteratura e del pensiero, che con Nooteboom diventa una meditazione poetica sull’uomo, il tempo e l’arte. Mentre a ogni pagina cresce il desiderio di andare a leggere e rileggere le opere dei suoi cari immortali. Con fotografie di Simon Sassen.

33 giorni
Werth Léon
15,00
2015, 224 p.
Bompiani (collana Narratori stranieri)
Léon Werth è l'amico di Antoine de Saint-Exupéry cui è dedicato il "Piccolo Principe". In questo libro Léon Werth racconta il suo viaggio di più di un mese attraverso la Francia nel giugno del 1940, quando, per sfuggire all'occupazione tedesca, cerca di raggiungere la Svizzera da Parigi in auto con la moglie. Lungo il tragitto, Léon vede timori, speranze di libertà di una nazione nel caos politico. Un libro "perduto" per decenni che ha una storia rocambolesca, salvato proprio da Antoine Saint-Exupéry che lo portò negli Stati Uniti dove però non trovò le stampe, ora tradotto per la prima volta in Italia.

I russi
Landolfi Tommaso
30,00
2015, 365 p., brossura
Adelphi (collana Biblioteca Adelphi)
Nel 1928 Landolfi è studente all'Università di Firenze. Dai corsi ufficiali, però, si tiene "a rispettosa distanza": la sua unica, "beata", occupazione è parlare per notti intere di letteratura con gli amici Carlo Bo, Leone Traverso e Renato Poggioli. "Lì era la nostra università," ricorda "a quella vera non andavamo mai". E grazie a Poggioli che scopre la letteratura russa: e in questa disciplina, che a Firenze allora nessuno professava, si laureerà nel 1932 con una tesi sull'opera di Anna Achmatova. Intanto, nel 1930, sono usciti un racconto, Maria Giuseppa, e la recensione al Re Lear delle Steppe di Turgenev: il suo doppio destino - di scrittore e di slavista - è segnato. Ma slavista è forse il termine meno adatto. Incontrando la letteratura russa, Landolfi incontra in realtà una parte di sé: e l'"uomo superfluo" - in cui confluiscono senso di estraneità, stanchezza spirituale, profondo scetticismo - diventa uno specchio nel quale non cesserà di guardarsi. Per non parlare del dualismo morale, dei fantasmi, dell'innocenza russa, di Gogol' e Dostoevskij, che entrano stabilmente fra gli agenti attivi della sua immaginazione, per poi rifluire nella narrativa. Non meraviglia allora che in Russia Landolfi non sia mai andato: quel paese era per lui, e sarebbe rimasto, un'immagine, la matrice di una letteratura consegnata a un "eterno romanticismo", nonché di scrittori irriducibili agli schemi, capaci di ricreare da capo il proprio mondo.

L'invisibile ovunque
Wu Ming
17,50
2015, 201 p., brossura
Einaudi (collana Einaudi. Stile libero big)
«Non gli servono pensieri lucidi, adesso. Non gli serve una mente sveglia. Inciampa, gli mancano le forze. Fuori i barbari! Fuori i barbari! Cade per terra con la faccia nella polvere. Rimane giú, senza uno sforzo per rialzarsi. Italia! Italia! Chiude gli occhi e trattiene il respiro».

L’invisibile ovunque racconta quattro vite nella Grande guerra, saltando dal fronte italiano a quello francese e ritorno. Chi vive in queste pagine sa che “niente uccide un uomo come l’obbligo di rappresentare una nazione” (Jacques Vaché) e adotta strategie per evadere dall’orrore. Qualcuno sceglie la sfida all’istituzione psichiatrica, accettando il rischio che la follia simulata diventi reale. Qualcuno si arruola negli Arditi, scansando la vita di trincea, al prezzo di divenire un uomo-arma, pugnale con braccia e gambe che un potere futuro potrà usare a suo piacimento. Qualcuno cerca di nascondersi nelle pieghe della guerra, praticando l’umorismo e il paradosso, fantasticando piani grandiosi per assaltare il mondo che ha vomitato un tale abominio. Qualcuno coltiva l’utopia di un’invisibilità che renda impossibile agli uomini combattersi.

Canale Mussolini. Parte seconda
Pennacchi Antonio
22,00
2015, 432 p.
Mondadori (collana Scrittori italiani e stranieri)
Il 25 maggio del 1944 - ultimo giorno di guerra a Littoria - nel breve intervallo tra la partenza dei tedeschi e l'arrivo in città degli anglo-americani, Diomede Peruzzi entra nella Banca d'Italia devastata e ne svaligia il tesoro. È qui che hanno inizio - diranno - la sua folgorante carriera imprenditoriale e lo sviluppo stesso di Latina tutta. Ma sarà vero? Il Canale Mussolini intanto - dopo essere stato per mesi la dura linea del fronte di Anzio e Nettuno - può tornare a essere quello che era, il perno della bonifica pontina. In un nuovo grande esodo, che ricorda quello epico colonizzatore di dodici anni prima, gli sfollati lasciano i rifugi sui monti e tornano a popolare la città e le campagne circostanti. I poderi sono distrutti, ogni edificio porta i segni dei bombardamenti. Ma il clima adesso è diverso, inizia la ricostruzione. Nel resto d'Italia però la guerra continua e si sposta man mano verso il nord, mentre gli alleati - col decisivo ausilio delle brigate partigiane e del ricostituito esercito italiano - costringono alla ritirata i tedeschi e le milizie fasciste. È una guerra di liberazione, ma anche una guerra civile crudele e fratricida. E la famiglia Peruzzi, protagonista memorabile della saga narrata in queste pagine, è schierata su tutti i fronti di questo conflitto. Paride al nord nella Rsi - mentre sogna di tornare dall'Armida e da suo figlio - rastrella ed insegue i partigiani. Suo fratello Statilio combatte i tedeschi in Corsica con il Regio esercito, poi a Cassino e su su fino alla linea Gotica. Il cugino Demostene è partigiano della brigata Stella Rossa, e combatte anche lui per liberare l'Italia. Accanto a loro ritroviamo lo zio Adelchi, che vigila sulle ceneri di una Littoria piena di spettri e di sciacalli, in attesa che nasca Latina; il mite Benassi e zia Santapace, collerica e bellissima; l'Armida con le sue api, e la nonna Peruzzi, che attribuisce compiti e destini alle nuove generazioni via via che vengono al mondo. E su tutti c'è Diomede - detto Batocio o Big Boss per un piccolo difetto fisico - il vero demiurgo della nuova città. Con il suo funambolico impasto linguistico veneto-ferrarese, col suo sguardo irriverente e provocatorio sempre addolcito però da un'umanissima pietas - «Ognuno ga le so razon» - Antonio Pennacchi torna a narrare le gesta dei Peruzzi, famiglia numerosa e ramificata di pionieri bonificatori, grandi lavoratori, eroici spiantati, meravigliosi gaglioffi, e donne generose e umorali. E se nel primo volume di Canale Mussolini ci aveva fatto riscoprire un capitolo della nostra storia per molti versi dimenticato, in questa seconda parte si dedica a mantenere viva la memoria del difficile processo di costruzione della nostra Italia democratica e repubblicana.

Il viaggio d'inverno di Schubert. Anatomia di un’ossessione
Bostridge Ian
Traduttore: Gorla V.
32,00
2015, 377 p., ill., brossura
Il Saggiatore (collana La cultura)
Nel 1825, in tournée a Salisburgo, Schubert scrive al fratello di aver creato una forma d'arte inedita: "La maniera in cui Vogl canta e io eseguo l'acompagnamento, dando corpo a un unico interprete, è qualcosa di nuovo e mai udito". Nasce il Lied moderno: qualcosa di "perfetto" che sublima una pratica popolare e la indirizza verso la sua completa metamorfosi. quel "Canto della Terra" di Mahler che non vede più confini fra art song e sinfonia. Schubert compone i ventiquattro Lieder per voce e pianoforte di "Winterreise, Viaggio d'inverno", tra il 1827 e il 1828, verso la fine della sua breve vita, musicando le poesie che Wilhelm Muller aveva pubblicato nella rivista, sospetta al governo prussiano, "Urania" e nei "Deutsche Blätter. Inizia qui la storia di un'opera tra le più note e frequentate - da interpreti e ascoltatori - della musica cosiddetta classica. Ian Bostridge, uno dei massimi interpreti di Lieder di oggi, sedotto fin dall'adolescenza dalla "Winterreise", ne esplora ogni aspetto. Racconta la trama, che Schubert stesso ha volontariamente sottratto, frammentato, rendendo il suo Wanderer il suo viandante che cammina su strade innevate e ventose, bandito (o forse in fuga) da una casa calda e un tempo accogliente - un personaggio inquieto, fortemente byroniano, inevitabilmente affascinante.

Ti voglio bene assai
De Crescenzo Luciano
17,00
2015, 132 p.
Mondadori (collana I libri di Luciano De Crescenzo)
È come se le canzoni fossero dei tamburi emozionali che influenzano il battito del nostro cuore. Quando siamo felici, il battito accelera e ci regala un ritmo scanzonato, quando siamo un po' tristi, invece, il battito rallenta e prende la forma di una malinconica nenia. Ci consolano, sono una specie di medicina, un antinfiammatorio dell'anima. Persino Platone e Aristotele erano convinti che l'arte della musica potesse ristabilire l'equilibrio interiore e in alcuni casi incidere sulla morale dell'individuo. Io sono stato fortunato perché sono nato a Napoli, quella che può essere considerata per definizione la città del canto. Questo libro è la prova provata che Napoli è la patria della canzone: Era de maggio, 'O sole mio, Torna a Surriento, 'O surdato 'nnammurato, Tammurriata nera, Malafemmena... Anzi, forse in fondo Napoli stessa è una canzone. (Luciano De Crescenzo)

E se la vita fosse una jam session? Fatti e misfatti di quello della notte
Arbore Renzo
Curatore: Foschini L.
35,00
2015, 307 p., ill., rilegato
Rizzoli 
Radio, dischi, gadget improbabili, tazze, statuette, strumenti musicali: la casa di Renzo Arbore, piena di oggetti collezionati durante una carriera lunga cinquant'anni, è il punto di partenza per entrare nel suo mondo. Un racconto sul filo delle passioni più che della cronologia, un sorta di camera delle meraviglie. un pezzo di storia d'Italia e della radio e televisione italiane. Gli incontri con artisti e musicisti, gli amici di una vita, le storie di provincia e la battaglia quotidiana contro la noia, Napoli, l'università e la passione per la musica sono gli ingredienti del ritratto scoppiettante di un artista curioso e innovatore, che ha fatto dell'improvvisazione la sua cifra personale. Se a partire dalla metà degli anni Sessanta le sue trasmissioni, da Bandiera gialla ad Alto gradimento, da Quelli della notte a Indietro tutta!, hanno segnato la vita degli italiani, la sua sconfinata passione per la musica in tutte le sue manifestazioni - italiana, napoletana, jazz, blues, swing - lo porta oggi in giro per il mondo con l'Orchestra Italiana. Il volume sarà accompagnato da una mostra multimediale che si terrà a Roma e a Milano fra autunno 2015 e primavera 2016.

George Best, l'immortale
Hamilton Duncan
Traduttori: Benocci F.; Serrai R.
25,00
2015, 493 p., ill., brossura
66th and 2nd (collana Vite inattese)
Lo chiamavano "il Quinto Beatle". Era affascinante, sfacciato, "bello come un attore di Hollywood", idolatrato dal pubblico femminile. Ma George Best era soprattutto sublime sul campo da calcio, con la sua grazia da ballerino e quei dribbling labirintici con cui stordiva i difensori e incantava i tifosi. Lanciandola con la punta del piede, era capace di infilarsi una monetina nel taschino della giacca. Una volta segnò due reti indossando uno scarpino solo. A ventidue anni, nel 1968, vinse il Pallone d'oro e realizzò un gol decisivo nella finale di Coppa dei Campioni, consegnando l'atteso trofeo nelle mani del leggendario allenatore Matt Busby, che intorno a lui aveva ricostruito il Manchester United dopo il disastro aereo di Monaco di Baviera. Quei trionfi segnarono però l'apice e l'inizio del declino di Best, dell'atleta come dell'uomo, risucchiato troppo presto nella spirale dell'alcolismo e di una spropositata celebrità. Basandosi su materiali d'archivio Hamilton ripercorre la parabola tragica del campione britannico, dall'infanzia nei sobborghi di Belfast alle imprese con la maglia dei Diavoli Rossi, fino alla sua prematura scomparsa, raccontandoci come un esile ragazzino irlandese sia riuscito a diventare, nel giro di poche folgoranti stagioni, il calciatore più forte del pianeta.

*descrizione delle rispettive case editrici.

"Bentornato presente": Intervista con Oscar Latino

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di Francesca Monti

E’ uscito il 4 dicembre “Bentornato presente” (La.Mu. records / Artist First), il nuovo disco del bravissimo cantante palermitano Oscar Latino, contenente i singoli “Solo per stare insieme” (ft. Franck Armocida), attualmente in rotazione  radiofonica (questo il video diretto da Stefano Cesaroni: clicca qui), “Il primo giorno di primavera”,“Al di là di te” e “In Radio.

Il disco, prodotto da Mauro Munzi (batterista dei Dhamm), è stato registrato tra Roma e Rimini e spazia dal pop a sonorità più rock, per un totale di 11 tracce intense, sia ritmate che dolci.
  
In questa piacevole chiacchierata (grazie a Sara Bricchi di Parole & Dintorni), Oscar Latino ci ha parlato del nuovo disco “Bentornato presente”, del singolo “Solo per stare insieme” e del tour che partirà in primavera.
Questa la tracklist di “Bentornato presente: “Bentornato presente”, “Solo per stare insieme” ft. Franck Armocida, “Angelo”, “Pianeta”, “Che miracolo che sei”, “Al di là di te” ft. Mech, “Il primo giorno di primavera”, “In radio”, “Una scintilla d’umanità”, “Non ti basta”, “Il dono”. 
Oscar, il 4 dicembre è uscito il tuo nuovo disco “Bentornato presente”. Com’è nato questo progetto?
“Questo album è il capolinea di un lavoro sviluppato in circa 12-13 mesi che comprende gli ultimi 4 singoli, più altri 7 inediti per un totale di 11 brani. Il disco ha sonorità rock-pop, ma ci sono anche due canzoni molto melodiche a cui tengo particolarmente che sono “Il dono” e “Una scintilla d’umanità””.
Puoi parlarci di questi due brani a cui tieni in modo particolare?
““Il dono” è una canzone che parla della crescita di un figlio accanto al padre, è molto autobiografica, racconta la storia tra me e mio padre, siamo molto legati, abbiamo un bellissimo rapporto, è un dialogo a due voci dove prima mio padre si rivolge a me e poi io a lui però in epoche diverse, è un brano molto bello. Poi in quanto siciliano c’è la canzone che ho scritto e si chiama “Una scintilla d’umanità” dove tratto un tema molto ricorrente, purtroppo, nella nostra amata Sicilia che è quello dell’omertà, per cui è un urlo, un grido a combattere questa problematica molto grossa nella nostra terra. Poi spesso si fa di tutta l’erba un fascio e si è sempre pronti a criticare. Dico da siciliano che in certe condizioni bisogna nascerci e crescerci prima di dare un giudizio perché dall’esterno è sempre facile ma ti rendi conto come purtroppo devi scendere a compromessi, a volte l’omertà non nasce dentro di noi ma dalle situazioni che si creano, che ti “obbligano” ad avere una parte omertosa. Questo non significa che non si possa cambiare o reagire a questo stato. Questa canzone dice che l’omertà si può combattere con una scintilla di umanità, perché il gruppo fa la forza. Sono le due tracce a cui sono più legato anche se anche gli altri brani sono bellissimi, tra cui l’ultimo singolo “Solo per stare insieme”, che è stato fatto in duetto con Franck Armocida. Realizzare questo disco è stato un lavoro faticoso, ma noi siamo molto contenti. Ha dei toni accesi ritmicamente parlando, è molto fluido, ben ascoltabile, rimane abbastanza impresso. Ringrazio Mauro Munzi perchè da quando è iniziata questa avventura ha creduto in questo progetto, portando avanti il disco. Dal 4 dicembre è possibile scaricare e comprare l’album e speriamo che piaccia alla gente”.
“Solo per stare insieme”, il singolo attualmente in rotazione radiofonica, parla delle paure e degli schemi da cui è necessario liberarsi perchè spesso limitano la manifestazione dell’amore…
“Questa canzone scritta da Franck Armocida parla del rapporto tra uomo e donna. Spesso bisogna scendere a compromessi perché non si hanno caratteri uguali, a volte uno rinuncia ad affrontare un problema e si perde l’amore. Questa canzone serve proprio a far capire che se tieni tanto a una persona, se ne vale la pena, bisogna accettare i compromessi. Racconta una storia che sembra finita ma dopo un’attenta riflessione e analisi il protagonista capisce che non vale la pena rovinare tutto. Le situazioni si affrontano, si parla dei problemi…quindi viva sempre l’amore”.
Dopo l’uscita del disco ci sarà un tour?
“Assolutamente sì. Attualmente sto aprendo i concerti di Morgan, un’occasione importante per far conoscere alcuni brani estrapolati dall’album. Poi stiamo organizzando con la produzione un tour che partirà la prossima primavera e toccherà non più di sette città, dove presenteremo questo lavoro dal vivo nei piccoli teatri, perché mi piace l’ambiente famigliare, molto più vicino alle persone che mi seguono o che cominceranno a seguirmi. Sul sito e sulla pagina ufficiale di Facebook saranno disponibili gli aggiornamenti sulla tournée”.

“Synfuniia”: Intervista con Davide Van De Sfroos

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di Francesca Monti

Venerdì 4 dicembre è uscito il nuovo disco di Davide Van De Sfroos dal titolo “Synfuniia” (Batoc67/Universal Music), che contiene 14 brani storici del cantautore comasco, che in occasione dei suoi 50 anni, ha vestito i suoi grandi successi di nuovi abiti, unendo folk, rock e musica classica, grazie all’arrangiamento  del Maestro Vito Lo Re per la Bulgarian National Radio Simphony Orchestra.

Davide Van De Sfroos presenterà live il suo nuovo disco in due concerti (organizzati da Shining Production, Bateventse Groove Company Srl), il 30 gennaio (ore 21) e il 31 gennaio (ore 16) al Teatro degli Arcimboldi di Milano, per la prima volta senza la sua chitarra, ma accompagnato dall'Orchestra Sinfolario diretta dal Maestro Vito Lo Re. Il cantautore, insieme all’orchestra di 40 elementi, darà vita ad una grande colonna sonora che esplora il sound di Ennio Morricone e Michael Nyman, senza però perdere l'ironia tipica delle sue canzoni.  

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Davide Van De Sfroos presso gli uffici di Parole & Dintorni (grazie a Marta Falcon) e di parlare con lui del nuovo disco “Synfuniia” e di tante altre cose.

Questa la tracklist del disco: “Il duello”, “El calderon de la stria”, “Grand Hotel”, “Akuaduulza”, “MadMax”, “La figlia del tenente”, “Goga e Magoga”, “Il reduce”, “Yanez”, “Brèva e Tivàn”, “La balera”, “Il dono del vento”, “De sfroos” e “Ninna nanna del contrabbandiere” (singolo attualmente in rotazione radiofonica, accompagnato da un video visibile sul nuovo canale Vevo dell’artista http://vevo.ly/WJhKaU)
Davide, è uscito il suo nuovo discoSynfuniia”, in occasione dei suoi 50 anni, un progetto in cui ha dato un nuovo vestito ai suoi grandi successi attraverso la collaborazione con il Maestro Vito Lo Re. Com’è nato questo album?
Questo esperimento, questo viaggio, questa avventura chiamata Synfuniia non nasce dal capriccio mio di fare un disco sinfonico ma dall’aver accettato un invito, un gioco, un dono dal personaggio che ha ideato questo progetto, il maestro Vito Lo Re, che non conoscevo prima di incontrarlo per discutere di questa cosa. Quando lui si è fatto vivo con questa idea, in qualità di maestro musicale e soprattutto di mio fan, sosteneva che alcune delle mie canzoni potessero essere arrangiate con l’orchestra. Io avevo appena cantato davanti al Duomo di Milano con questa orchestra di ragazzi che suonavano “Ninna nanna del contrabbandiere” e avevo avuto un buon feedback ed era stata una serata magica. Per cui ho detto potrebbe essere un bel progetto. Quando ho conosciuto il maestro ho visto che era una persona giovane, molto preparata e che avevamo gli stessi gusti musicali. Mi ha sottoposto una serie di pezzi da cui abbiamo tratto la scaletta, a me andava bene quasi tutto, eravamo nelle sue mani e quando abbiamo fatto una piccola prova un pomeriggio a Milano, ho cantato due brani con l’orchestra e ho capito che c’era una sensazione nuova, diversa e questa esperienza poteva essere fatta. Lui ha composto le parti per 50 elementi, è andato in Bulgaria ha registrato con la Bulgarian National Radio Simphony Orchestra e quando sono tornati i pezzi magicamente trasformati, li ho ascoltati e li ho visti come colonne sonore dei film, pensavo che ogni canzone potesse diventare un audiofilm, anziché visivo raccontato. Quindi la mia persona dentro ad ogni singolo brano ha il ruolo del narratore, tu canti trasportato dalla musica che è stata mantenuta nella tua misura e nello stesso tempo cambiata completamente, è come se fosse stato cucito uno smoking un po’ più lucente ma della tua taglia, che tu puoi mettere per una volta, per una festa, per un concerto. Questo disco non va a fare il braccio di ferro con i pezzi così come erano stati concepiti e che così resteranno per sempre, ma permettere a questi brani di fare un giro sul tappeto volante è stata una bella suggestione e io mi sono divertito molto quando ho scartato uno ad uno questi brani”.
Quali sensazioni ha provato riscoprendo pezzi storici che fanno parte del suo repertorio?
Ritrovandomi a prendere in mano questi brani, alcuni erano da un po’ di tempo che non li cantavo come “Il duello” o “Grand Hotel” mi sono reso conto che c’era la possibilità di dare una chiave di lettura diversa, soprattutto negli incipit, se prendiamo “Grand Hotel” vediamo Batman e Gotham City, con “Yanez” vediamo “I pirati dei Caraibi”, con “Il dono del vento” abbiamo lo spostamento verso qualcosa di orientale, abbiamo i samurai all’inizio, “Mad Max” che era così prog rock tipo Jethro Tull diventa più morbida ma non meno incisiva dal punto di vista delle cose che racconta, più malinconica nei confronti del pianeta che potrebbe andare a finire male, “El calderon de la stria” è più epico, più trionfale e ho provato delle cose incredibili anche con “Il reduce” e “Brèva e Tivàn”, brani molto lenti e che proprio per questa lentezza permettono un dilatarsi completo delle immagini. “Il reduce” lo vedi e vedi la sua guerra, “Brèva e Tivàn” ha tutti i colori del lago e dei temporali che vengono sottolineati anche dagli strumenti. Il maestro Lo Re ha fatto un lavoro molto attento, senza stravolgere i brani. Da fan non ha voluto rovinare niente ma regalare quello che poteva. Ci sono delle canzoni molto delicate come “La figlia del tenente” che era stata fatta col pianoforte e che qui ha tutta una struttura particolare come se questi due personaggi gotici nella notte avessero anche più terreno su cui camminare”.
Nella presentazione del disco ha detto che ognuno ascoltando i brani del disco può farsi il film che vuole. Lei che film si è fatto?
Tutto il disco mescolato è complesso perché si va dai samurai al western, dal gotico al romantico. Io scomoderò il buon Tim Burton perché anche il personaggio Davide non si può prendere sul serio perché non è un cantante lirico, non è un compositore o uno scrittore di musica in senso fisico, non è andato al Conservatorio, le canzoni sono nate all’osteria o su una darsena, quindi è bello vedere il personaggio Willy Wonka o Alice nel paese delle meraviglie dentro questo mondo immenso del suono ma con un piglio assolutamente avventuroso e non serioso. Questo è il film che mi sono fatto. Un gothic colorato, non troppo cupo, a tratti vola una pistola western, poi c’è una nave che passa, un pirata, una guerra, una strega, un contrabbandiere, tipo il film “Big Fish” in cui a un certo punto tutti i personaggi piano piano arrivano. E’ come se fosse una parata di tutte queste storie cantate negli anni che con una musica un po’epica fanno la loro sfilata. Quando nel film “Io non sono qui” su Bob Dylan c’è “Desolation row” appare tutto quello che è citato nella canzone, quella è la sensazione che ho provato”.
Come mai è stato scelto “Ninna nanna del contrabbandiere” come primo singolo?
La scelta di questo singolo e del video che lo ha accompagnato è stata una scelta radiofonica, poi è una canzone senza tempo perché appartiene al primo disco, la conoscono tutti, non era difficile proporla e corredarla con immagini, non abbiamo voluto travestirci, ma fare una cosa semplice. Poi si è scelto “Il duello” come apertura del disco perché era il più adatto, nel momento in cui parli di cinema sembra che stiamo giocando con la musica”.
In “Akua Duulza” parla del lago come una casa, ma anche come un luogo da cui fuggire…
E’ così. Il lago è stato descritto come meta turistica, dove la gente appena può prende la casa ma anche da cui bisogna scappare in inverno perché bisogna andare nelle grandi città, alla fine si ritorna sempre, il lago è quel grande drago affascinante e finchè sta lì sai che custodirà tutto quello che è più caro, è un luogo che a volte non dà tanto e altre come una vampata ti fa venire una gran nostalgia, ti brucia perché hai voglia di scappare, perché è anche un po’ possessivo. Però stargli vicino a volte è pesante, noi diciamo il mio lago, la mia terra e non ti rendi conto che sei tu ad essere loro perché ti hanno talmente formato a loro immagine e somiglianza che quando te ne vai poi torni là, perchè ti stanno richiamando ed è così per chi è nato al mare, all’interno della Sardegna, nel deserto perché appartieni a questa madre terra, a questo padre lago. Io lo guardo e sono contento che sia lì perché è il punto che chiamo casa, è il baricentro, benché abbia viaggiato tanto e mi sia trovato bene ovunque, questa akua duulza è parte di me, è qualcosa che mi scorre dentro”.
Goga e Magoga” ma anche “El calderon de la stria” parlano delle paure attuali della nostra società, di un’epoca di contraddizioni…
Uno è più profetico perché si rifà a questo modo di dire Goga e Magoga che è andato in disuso e significa fare il bello e il cattivo tempo. In “Synfuniia” è stata la canzone in cui il maestro ha speso più tempo per capire come arrangiarla, ha deciso e ha capito che la chiave era nella usa immobilità, nella sua ossessività, quella cosa che ti dà fastidio sentire, quello che abbiamo fatto nel corso di questo secolo sul nostro pianeta e che abbiamo portato a questo livello di usura, è una canzone di rabbia, di liberazione dalle paure. Tutto il disco “Goga e Magoga” è espressivo, è un disco bipolare che ha una metà ansiolitica e una antidepressiva, come “El calderon de la stria” e “Mad Max”, sono urticanti, dà fastidio a me cantarle perché non sono allegro, so che siamo arrivati corazzati ad un punto in cui cerchiamo di asciugare il diluvio con uno straccio perché ormai il pasticcio è fatto e siamo diventati così. Come tutte le canzoni che sul fondo hanno il discorso della guerra non passano mai di attualità e non avevo bisogno che gli altri sapessero questa cosa, ma avevo bisogno io di urlarla perché dentro tendevo a soffocarla. “Goga e Magoga” è una canzone vecchissima che avevo nel cassetto da quindici anni, poi ho deciso di pubblicarla perché questa epoca che stiamo vivendo è un po’ goga e magoga, chiaro e scuro, instabilità e non equilibrio”.
Nelle nuove generazioni si sta un po’ perdendo l’uso del dialetto ma al tempo stesso c’è un interesse verso le tradizioni e il passato, c’è un senso di appartenenza…
C’è un passato che non passa mai ma le sovrastrutture tendono a muoversi, i miei figli non parlano il dialetto, però alcuni ragazzini delle frazioni più alte sono legati a queste espressioni, d’altra parte vedi la contaminazione perché questi ragazzi vogliono il brand nei vestiti, hanno timore di non essere all’altezza del mondo che devono penetrare, vogliono le acconciature del rock e del calcio, imitano, e sono fortemente legati alle mode e alle tendenze, sono informati, qualunque cosa che non sanno la trovano su wikipedia, dall’altra parte sentono ancora fortissima la bellezza di quello che stanno perdendo e che i loro genitori hanno fatto in tempo a vedere. Allora si mescolano tra il moderno e il desiderio di andare nei crotti il sabato sera a mangiare la polenta oncia o si commuovono a sentire cantare le canzoni di Van De Sfroos che racconta del loro nonno. Quindi anche loro sono destabilizzati. Hanno una comunicazione che arriva a essere a volte quasi smodata e a volte sfogano tutto nel messaggio perché dirlo personalmente è il reale e loro sono abituati al virtuale. Ma siccome la vita non è diventata la Playstation, sono destabilizzati perché ad un certo punto dovranno confrontarsi con il reale”.
In occasione di Expo Milano 2015 ha creato il progetto “Terra & Acqua di Lombardia – Expo Tour”, che allarga il raggio d’azione a tutte le province in accordo con la Regione che ha toccato i dodici capoluoghi lombardi in una narrazione fatta di musica, parole e video sulla cultura e le tradizioni del territorio. Cosa le ha lasciato questa esperienza?
Tutta l’energia possibile, siamo stati a Como, Lecco, in Brianza, a Varese, abbiamo toccato tutti i capoluoghi lombardi facendo suonare i gruppi a chilometro zero per far vedere che c’era la musica anche a casa loro e poi attraverso il road movie “The Sfroos - Viaggio nella musica di Lombardia” abbiamo mostrato questo viaggio. L’abbiamo vissuto in totale abbandono dei luoghi, per capire dove siamo vissuti, prima che scompaiano e farli vedere a più gente possibile e salvare il salvabile. Era talmente importante da fare tutto questo che è servito e servirà alla gente a fare i turisti a casa propria, a conoscere la propria città e i gruppi che vi suonano. Quindi è stato un lavoro di discovery ma anche per ricordare qualcosa che era dimenticato”.
Il 30 e 31 gennaio presenterà il disco in due concerti al Teatro degli Arcimboldi, accompagnato dall’orchestra…
Questo lavoro avrà il suo coronamento con questo progetto che chiuderà il capitolo, detto questo succederà che canterò con l’orchestra, un’esperienza nuova per il pubblico e sarò diretto da un maestro, senza strumento, abbandonandomi totalmente alla musica fatta da altri, quindi dentro un ruolo sonoro che non dirigi tu. Spero che riesca ad avere la stessa forza di quando cantavo sopra le basi, ma con l’orchestra lì presente. Già con 25 elementi era sconvolgente perché queste persone le senti tutte non solo musicalmente ma anche fisicamente, sono lì a sostenerti e sostenere la tua musica. La presenza, l’elettricità l’ho provata con i ragazzi davanti al Duomo, è come essere portati in spalla da tanti”.
Qual è il suo concetto di ribellione?
Il mio concetto di ribellione è il rallentare e la sottrazione, ci siamo agitati, scossi, shakerati e adesso tutto quello che ci fa paura è addizione. Tutto quello che è diventato troppo o troppo veloce è goga e magoga, ora c’è finalmente il desiderio di sottrarre, dopo secoli a riempire un foglio bianco che è il mondo, adesso il foglio è diventato uno scarabocchio e chiunque fa un segno non viene visto. La mia ribellione è il togliere, il rifiutarsi di cedere alla concitazione che tutti quanti hanno profetizzato. Da ragazzo quando avevo gli anfibi e i jeans macchiati con la candeggina, facevo il ribelle nel mio paese, Mezzegra, che faceva 1000 abitanti d’estate e avevo fondato un gruppo, composto da 4 ragazzi, gli Urban Rebels, perché volevo essere un ribelle di qualcosa che vedevo nei film, poi sono diventato un ribelle di tutt’altro, della calma, della sottrazione, del ritorno e del non dimenticare dove eravamo e quello che eravamo stati”.
Dopo la pubblicazione diPerdonato dalle lucertole”,Capitan Slaff”, “Le parole sognate dai pesci”,Il mio nome è Herbert Fanucci”, ha in programma di scrivere un nuovo libro?
Per il momento tutto quello che dovevo scrivere l’ho scritto e l’ho raccontato in questi venti brani. Ho svuotato tonnellate di taccuini per dare una lirica raccontata a tutti questi venti film, e al momento un libro non ce l’ho anche se mi piacerebbe, ma per fare questo dovrei rallentare ulteriormente”.

Uscirà il prossimo 8 dicembre il nuovo singolo di Simone Tomassini, dal titolo “Solo cose belle”

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Uscirà il prossimo 8 dicembre il nuovo singolo di Simone Tomassini, dal titolo “Solo cose belle”, che anticiperà il nuovo disco.
Riguardo “Solo cose belle”, il cantautore comasco ha scritto sulla sua pagina Facebook: “Il nuovo brano inizia così: “quella pioggia che alla fine smette!" . Eh sì perché come si diceva nel film "Il corvo" non può piovere per sempre e io aggiungo che non si può neanche piangere per sempre, le lacrime possono anche diventare lacrime di gioia... E ripulire tutto intorno a noi, proprio come la pioggia che rinfresca, pulisce e "riordina" il mondo e alla fine smette per lasciare posto al Sole!!!”. 
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In rotazione radiofonica “Tu lo sai”, il nuovo singolo di Alberto Fortis

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Dal 4 dicembre è in rotazione radiofonica “Tu lo sai”, il nuovo singolo di Alberto Fortis, canzone già contenuta nel suo ultimo album “Do l’anima” ma per l’occasione riarrangiata e prodotta a New York da Roberto Baldi e che vede la partecipazione vocale dell’artista Zenima.
Arte, poesia ed eleganza si fondono insieme per dare forza ad un brano immediato e coinvolgente, in cui l’autore auspica l’avvento di nuove esistenze eccellenti che, come già successo in passato, portino ad un Nuovo Rinascimento nella notte sociale che stiamo attualmente vivendo.
Lo stesso artista descrive “Tu lo sai” con queste parole: “Oggi, in fretta, dobbiamo capire ancor meglio il Nostro Senso e la Nostra Responsabilità di Vita e la Forza dell’Arte. Crediamo a un Dio che non vediamo e umiliamo Quanto ci sta davanti agli occhi, per poi accorgerci che anche quel Quanto è il nostro Credo, il Profeta in ognuno di Noi, la Scintilla. Smettiamola di avere vergogna dell’Anima, della bellezza del Coraggio, di Parlare e di Splendere. Tu lo sai, sempre.”
Atmosfere sonore e visive riassunte al meglio nel video, una piccola perla che riesce a “illuminare” un brano dai contenuti importanti. Una produzione unica nel panorama della produzione video musicale, in quanto realizzato con avanzate tecniche di post produzione digitale.
Il video è prodotto da Showtime Agency, Milano con la regia di Mimmo Verduci (già noto per i video di artisti come Ramazzotti e Baglioni) che ha anche scritto la sceneggiatura con la partecipazione di Alberto Fortis. Direttore della post produzione è Marcello Buffa, già supervisore agli effetti digitali di importanti film italiani come ad esempio La Leggenda del Pianista sull’Oceano di Giuseppe Tornatore e il recentissimo Wild Salomé di e con Al Pacino.
La pubblicazione di “Tu lo sai” precede l’importante concerto pianoforte e voce che si terrà sabato 12 dicembre 2015 ore 20,30 nella prestigiosa sala del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino Via Mazzini 11- Torino. Un grande evento benefico organizzato in collaborazione con Polis, Rotary, Lega Italia Lotta contro i Tumori (LILT).

Il 4 dicembre è uscito “Tortuga. Un giorno in Paradiso - Stadio Olimpico 2015”, il cofanetto di Antonello Venditti 

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Il 4 dicembre è uscito “Tortuga. Un giorno in Paradiso - Stadio Olimpico 2015”, il cofanetto che celebra un live indimenticabile: il ritorno allo Stadio Olimpico di Antonello Venditti (il 5 settembre di quest’anno). Una grande festa dove, davanti a tutto il suo pubblico, ha ripercorso in musica la sua carriera: dai brani dell’ultimo album “Tortuga” fino ai grandi successi del Folkstudio, accompagnato sul palco da 14 musicisti, il gruppo storico Stradaperta e i super ospiti del live.
Tortuga. Un giorno in paradiso - Stadio Olimpico 2015” contiene 1 DVD + 2 CD del live allo Stadio Olimpico di Roma + l’album “Tortuga” (disco d’oro). Per festeggiarne l’uscita, il 27 e il 28 dicembre Antonello Venditti tornerà nella sua Roma con “Tortuga Natale In Paradiso”, due live speciali all’Auditorium Parco della Musica (Sala Santa Cecilia, Via Pietro de Coubertin, 30).
Continua invece il Tortuga Tour, il live con cui Antonello Venditti porta nei principali Palasport di tutta Italia i brani del suo ultimo omonimo album di inediti e i suoi più amati successi.
Queste le prossime date del “Tortuga Tour” (prodotto e organizzato da F&P Group e Roma Capoccia Management. Info su www.fepgroup.it): il 3 dicembre a Peacara(Pala Giovanni Paolo II); 5 dicembre a Firenze(Nelson Mandela Forum); 8 dicembre a Napoli(Pala Partenope); 10 dicembre a Taranto(Pala Mazzola); 12 dicembre ad Andria - BA (Pala Andria); il 19 dicembre ad Ancona(PalaRossini). RTL 102.5 è media partner ufficiale.
È possibile acquistare i biglietti in prevendita sul circuito www.ticketone.it e nelle prevendite abituali.

I Pentatonix in versione natalizia con il disco “That’s Christmas To Me (Deluxe Edition)”

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I Pentatonix hanno da poco pubblicato il disco “That’s Christmas To Me (Deluxe Edition)”.
Un album natalizio dove il quintetto interpreta magistralmente  i grandi classici del Natale, come “Joy To The World”, “Santa Claus Is Coming To Town”, “The First Noel”, “Have Yourself A Merry Little Christmas” e molte altre. Un disco davvero imperdibile, che negli Stati Uniti ha venduto oltre 1.2 milioni di copie e conquistato la vetta della Holiday Album Chart di Billboard.

Dotati di abilità canore assolutamente fuori dal comune e di una preparazione musicale e strumentistica a dir poco prodigiosa, i cinque componenti dei PENTATONIX (Avi Kaplan, Mitch Grassi, Scott Hoying, Kirstin Maldonado e Kevin Olusola, originari del Texas) hanno iniziato la loro avventura insieme nel 2011 facendosi conoscere sul web grazie ad incredibili cover di canzoni pop e non solo, (il tutto senza il supporto di basi strumentali). Il 2011 è anche l’anno del trionfo assoluto nel talent show dedicato ai gruppi vocali “The Sing-Off”, che ha permesso loro di intraprendere un’inarrestabile scalata verso il successo in America ma anche al di fuori dei confini statunitensi.

Dopo avere conquistato anche il pubblico italiano con un concerto sold out a Milano  tenutosi il 14 aprile 2015 e con un’indimenticabile performance sul palco di “Italia’s Got Talent” lo scorso maggio, i PTX hanno pubblicato in primavera l’album “PTX - Edizione Italiana” (in una versione esclusiva per l’Italia!), seguita dal lancio del loro primo album di inediti “Pentatonix” (uscito il 16 ottobre).
Tracklist disco:
1. Hark The Herald Angels Sing
2. White Winter Hymnal
3. Sleigh Ride
4. Winter Wonderland / Don’t Worry Be Happy ft. Tori Kelly
5. That’s Christmas To Me
6. Mary, Did You Know?
7. Dance of the Sugar Plum Fairy
8. It’s The Most Wonderful Time of The Year
9. Santa Claus Is Coming To Town
10. Silent Night
11. Let It Go (Bonus)
12. Joy To The World
13. Just For Now
14. The First Noel
15. Have Yourself A Merry Little Christmas
16.
Mary Did You Know? Ft. The String Mob

Sebastiano Caridi, 27 anni, ha vinto il programma di Raidue “Il più grande pasticcere”

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Sebastiano Caridi, 27 anni, ha vinto il programma di Raidue “Il più grande pasticcere”. Il giovane pasticcere, originario di Reggio Calabria, è stato incoronato vincitore, dopo aver superato in finale Lorenzo Puca, 26 anni, di Pescara, e la 23enne veronese Debora Vena. Sebastiano, figlio d’arte (il padre Paolo è molto noto in Calabria) ha iniziato ben presto a lavorare nel laboratorio di famiglia, ma si è poi trasferito a Faenza (Ra) per crescere professionalmente.
Sin da giovanissimo, ha seguito vari corsi di pasticceria tenuti dai più grandi maestri italiani, tra cui Luigi Biasetto e Roberto Rinaldini, e ha lavorato per 4 anni con il cioccolatiere Stefano Laghi.
La creazione dolciaria con la quale Sebastiano si è aggiudicato il duello finale contro Lorenzo Puca è stata battezzata dallo stesso autore “Rivelazione”.

Fondazione Francesca Rava: 9 dicembre, Christmas Party al Blue Note, pensando ad Haiti

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Il 9 dicembre al Blue Note di Milano si terrà la tradizionale serata natalizia organizzata dalla Fondazione Francesca Rava per scambiarsi gli auguri e ballare con Nicolò Cavalchini. Grazie a Perin Generators, il ricavato andrà all'Ospedale pediatrico St. Damien in Haiti. Verrà presentato il libro fotografico di Stefano Guindani "Do you know?", realizzato in occasione del sessantesimo anniversario di NPH nei 9 paesi dell'America Latina dove si trovano le Case orfanotrofio della Fondazione Francesca Rava. Seguirà una speciale asta benefica condotta da Andrea e Michele di Radio DeeJay.


Per info e prenotazioni: 02.54122917, eventi@nph-italia.org. Blue Note, via P. Borsieri 37, Milano, ore 20

Per  lo shopping natalizio è possibile fare acquisti al Mercatino della Fondazione Rava, dove trovare tante idee regalo in aiuto ai bambini di NPH

Lo Spazio Fondazione in viale Premuda 38/a Milano è aperto da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18, sabato e domenica dalle 10 alle 18. Qui il catalogo completo dei doni, potete ordinare anche on line. o allo 0254122917, natale@nph-italia.org

“Catodico! Oltre lo schermo”: Al Teatro a l'Avogaria, la paradossale realtà della Tv

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Martedì8 dicembre 2015 , ore 21.00,  nello storico teatro di  Venezia, lo spettacolo per la regia di Edoardo Lomazzi
Il mondo della tv al centro di Catodico!Oltre lo schermo in programma martedì 8  dicembre 2015, ore 21.00, al Teatro a L’Avogaria di Venezia, ( Dorsoduro 1617)  Lo spettacolo,  si inserisce nell'ambito del ciclo i "Martedí dell'Avogaria", rassegna teatrale che presenta a Venezia,  alcuni fra i lavori più interessanti della nuova scena drammaturgica nazionale. 
Catodico, per la regia di Edoardo Lomazzi con Michela Caria, Irma Ridolfini, Enrico Ruscelli,  e' uno zapping scenico interattivo, uno spettacolo sulla televisione italiana che si muove in modo paradossale tra trasposizioni fedeli di estratti televisivi e citazioni letterarie e filosofiche. Durante  la rappresentazione il pubblico sarà chiamato a compiere delle scelte, diventerà protagonista, come in ogni reality show che si rispetti: voterà in diretta per scegliere il programma che preferisce guardare, fra tribune politiche, programmi per bambini e talk show sul benessere. L’ umorismo  è volto a smascherare le ipocrisie della televisione e dei suoi personaggi, per mostrarci un nuova prospettiva, assurda ma veritiera, densa di satira e sarcasmo, attraverso la quale osservare come ciò che appare, molto spesso, non coincida con il reale, poiché tutto può essere capovolto. La drammaturgiasi muove tra trasposizioni fedeli di estratti televisivi e citazioni letterarie e filosofiche, in un montaggio paradossale di cultura alta e trash.
Gli spettacoli della Rassegna “I Martedì all’Avogaria”, ore 21.00, su prenotazione telefonica ai numeri 0410991967-335372889 , avogaria@gmail.com




Il singolo “Half the World Away” di Aurora scelto in UK per l’atteso spot natalizio della catena dei grandi magazzini inglesi di John Lewis

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Aurora Aksnes, in arte Aurora, è una giovanissima (ha 19 anni) cantautrice norvegese che in pochissimo tempo è riuscita a conquistare sia la critica, ottenendo recensioni entusiastiche, che moltissimi ammiratori, famosi e non, tra cui spicca Katy Perry - la regina del pop - che in un tweet di qualche mese fa ha scritto  “Finally. New music that makes my heart a flutter. Check this 17 yr old angel” .
 
Il singolo “Half the World Away”, cover della straordinaria ballata degli Oasis - disponibile per la programmazione radiofonica dal 4 dicembre - è stato scelto in UK per l’atteso spot natalizio della catena dei grandi magazzini inglesi di John Lewis (da sempre improntati sui buoni sentimenti, la generosità d´animo e l´altruismo) intitolato “Man on the Moon” ed in poco tempo sta scalando le chart di tutto il mondo. Lo spot è visibile a questo link: www.johnlewis.com/manonthemoon

Questo è un grande riconoscimento per Aurora, la più giovane artista della storia ad essere stata scelta da John Lewis, che negli anni scorsi è stata preceduta da artisti del calibro di Ellie Goulding e Lily Allen.
 
Il video del brano ha già ottenuto oltre un milione di click, mentre lo spot è stato visualizzato oltre 18 milioni di volte.

Su Spotify, “Half The World Away” ha avuto oltre 4,5 milioni di streaming ed è al #1 della Spotify UK Viral Chart, oltre che al #1 di iTunes.
 
Scoperta a 17 anni, Aurora ha fino ad ora realizzato un EP, "Running with Wolves”, uscito lo scorso marzo e contenente 6 brani, tra cui questo singolo.

La sua fanbase in costante crescita, insieme al supporto da parte della critica (sia da parte della stampa  come NME, Sunday Times, Independent, Metro, sia dalle principali radio inglesi) fanno di Aurora una delle potenziali superstar del 2016.

Notti Magiche a Courmayeur per il Noir in Festival

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Va sotto il segno di due donne, due artiste, due talenti esplosivi, la 25ma edizione del Courmayeur Noir in Festival, in programma dall’8 al 13 dicembre, con la direzione di Giorgio Gosetti e Marina Fabbri. Sarà Veronica Pivetti, la scatenata insegnante/detective di Provaci ancora Prof., la madrina della serata d’apertura in occasione di una grande notte dedicata alla migliore fiction da X-Files a Twin Peaks.

Sarà Teresa De Sio, musicista, attrice, scrittrice con il reading in parole e musica dal suo romanzo L’attentissima (Einaudi), la protagonista della serata di chiusura che culminerà nella prima italiana del Ponte delle spie di Steven Spielberg. Ma per le “nozze d’argento” del più celebre festival europeo dedicato al mystery saranno in molti a salire fino al Monte Bianco nei giorni del Noir: da Dario Argento a Enzo D’Alò, da Patricia Rozema a Gabriele Salvatores, da Esther Elisha a Maya Sansa, da Maurizio De Giovanni a Roberto Costantini, da Giancarlo De Cataldo e Carlo Boninia Carlo Lucarelli; dai Fratelli Manetti de L’ispettore Coliandro a Stephane Drouet, il creatore della serie televisiva Cherif. E già si annunciano Giampaolo Morelli, Guido Caprino, Luca Argentero, Davide “Boosta” Dileo, David Grieco, Davide Marengo, Celeste Moratti, Chiara Poli, Andrea Purgatori, Pivio,Gaetano Savatteri, i finalisti del Premio Scerbanenco (una cinquina spettacolare), gli ospiti della Scuola Holden, i registi dei film in concorso, gli scrittori rivelazione dell’anno e la star del 2015, Joe R. Lansdale, vincitore del Raymond Chandler Award.

Il programma riassume bene le molte anime del Noir contemporaneo e l’unicità di questo festival - dicono Marina Fabbri e Giorgio Gosetti - con un vero caleidoscopio d’immagini, storie ed emozioni . La grande fiction con anteprime assolute (dalla nuova, attesissima serie degli X-Files al film-evento che chiude per sempre la saga di CSI - Scena del crimine) e popolari modelli europei da Cherif a L’ispettore Coliandro; il cinema di genere e d’autore con talenti come Alex de la Iglesia, Patricia Rozema e il maestro Steven Spielberg; la scuola italiana del racconto noir e la scena internazionale con Pieter Aspe e Joe Lansdale; i romanzi-inchiesta di più scottante attualità come quelli di Carlo Lucarelli e Bonini&De Cataldo e i segreti italiani descritti da David Grieco col suo libro e film La macchinazione di cui si vedranno a Courmayeur le prime immagini; infine il divertimento per i più giovani con l’evento ‘mininoir’ Piccoli brividi e l’attività di ricerca dei giovani talenti affidata alla collaborazione con l’università LUISS e la Scuola Holden. Tutto questo è il Noir in Festival che raduna ai piedi del Monte Bianco molti artisti, amici e compagni di strada che lo hanno reso famoso negli anni. Alla Valle d’Aosta e a Courmayeur dobbiamo molto: il nostro programma vuole essere anche un modo di dire grazie a quanti ci hanno sempre aiutato e sostenuto”.
E’ evidente - dicono il Presidente della Regione Valle d’Aosta, Augusto Rollandin e l’assessore al Turismo, Aurelio Marguerettaz - l’impegno del festival nel creare un ricco ventaglio di proposte per questa edizione 2015. Il Noir è un appuntamento che da sempre ha l’obiettivo di essere al passo con le strategie e le attese che Courmayeur e la Regione adottano per suscitare interesse. Nonostante le difficoltà di una crisi che non risparmia nessuno, il programma riesce a spaziare da importanti anteprime, che sapranno coinvolgere il grande pubblico, a momenti di dibattito e riflessione sull’attualità e sulla realtà che ci circonda.”

Tra i film in concorso, tutte anteprime nazionali e internazionali, sarà il pubblico, come da tradizione, ad assegnare il Leone Neroper il miglior film; ogni giornata avrà un ospite d’onore che darà il suo colore al caleidoscopio del festival; ogni giornata ospiterà i migliori scrittori del momento nella Maserati Winter Lounge al Jardin de l’Ange e ogni sera il Noir renderà omaggio, a tre grandi del cinema di tutti i tempi che avrebbero avuto 100 anni proprio nel 2015: Anthony Quinn, Frank Sinatra e Orson Welles.

Per la serata d’apertura è previsto uno speciale omaggio a sorpresa alla stagione che cambiò per sempre la moderna idea del racconto televisivo: la stagione firmata da Chris Carter e David Lynch con serie ancora ricche di sorprese come X-Files e Twin Peaks. A ciò che è stato e che sarà il genere noir è dedicato un affettuoso omaggio “in corto” ideato appositamente dal filmmaker Federico Greco. E in chiusura ancora altre sorprese con l’annuncio del ritorno del Courmayeur Noir in Festival con un evento speciale nel 2016.

Il Courmayeur Noir in Festival è diretto da Giorgio Gosetti e Marina Fabbri e realizzato dalla Studio Cooperativa.

Il Festival è promosso dalla Direzione Generale per il Cinema del MiBACT, con il sostegno di Regione Autonoma Valle d'Aosta Région Autonome Vallée d'Aoste Assessorato Turismo, Sport, Commercio e Trasporti - Assessorat du Tourisme, des Sports, du Commerce et des Transports; Comune di Courmayeur; Fondazione Film Commission Vallée d'Aoste.

Cultural Partner: Istituto Luce Cinecittà. Media Partner: Giallo

Solo il 19 e il 20 Gennaio arriva al cinema il film "Vinicio Capossela - Nel paese dei Coppoloni”

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In occasione dei 25 anni di carriera, l’artista approda sul grande schermo solo il 19 e il 20 gennaio con un viaggio onirico e imprevedibile alla ricerca di personaggi, canti e siensi perduti. Con musiche inedite tratte dal prossimo album “Canzoni della Cupa”

Capossela esplora i miti e gli istinti che tengono assieme villaggi e nazioni. Non è un caso che si animi come non mai quando parla delle sue origini ancestrali”.
Clive Davis, Times

Dopo il successo del suo ultimo libro, Vinicio Capossela arriva al cinema con un’opera originale e inedita che accompagna lo spettatore proprio in quel “paese dei coppoloni” che aveva ammaliato tutti i suoi lettori. Questa produzione cinematografica laeffePMG e LaCupa debutterà sul grande schermo con un evento speciale giovedì 19 e venerdì 20 gennaio 2016, distribuito da Nexo Digital (elenco delle sale a breve disponibile su www.nexodigital.it).

"Vinicio Capossela - Nel paese dei Coppoloni" è un viaggio cinematografico - geografico, musicale e fantastico - narrato, cantato e vissuto in prima persona da Vinicio Capossela, in quel territorio giacimento di culture, racconti e canti che hanno ispirato l'ultimo romanzo dell’artista e da cui trae linfa il materiale del suo prossimo disco di inediti. Un mondo che la Storia ha seminterrato, ma che fa sentire l’eco e il suono se gli si presta orecchio e ci si dispone al sogno.
Diretto da Stefano Obino, “Vinicio Capossela - Nel paese dei Coppoloni” si svolge in Alta Irpinia, in "quelle terre dell’osso” in cui “un paese ci dice di tutti i paesi del mondo”, tra trivelle petrolifere e case abbandonate, pale eoliche e vecchie ferrovie, boschi, animali selvatici e paesaggi incontaminati. Sono questi i luoghi in cui l’ispirazione letteraria e musicale di Vinicio Capossela è diventata realtà, restituendo il ritratto di un’Italia forse perduta e dimenticata, ma che ancora oggi vuole raccontare la sua storia e la sua energia: le voci, i volti, i personaggi, le tradizioni popolari, gli sposalizi, le musiche che percorrono le vene dei sentieri della Cupa, le litanie dellemammenonne, le cumversazioni in piazza, le chiacchiere dal barbiere, le passeggiate sui sentieri dei muli, la Natura selvaggia e resistente.

Un luogo immaginario che diventa reale, uno spazio fisico che si trasforma in pura immaginazione. Un’occasione unica per seguire il “musicista viandante” Capossela in questo viaggio a doppio filo sul fronte della musica e del racconto in un mondo che affronta ormai da 15 anni, accompagnati da una colonna sonora originale che anticipacinque brani inediti del suo prossimo lavoro discografico, “Canzoni della Cupa”, la cui uscita è prevista per il 2016, oltre a includere performance live di classici come “Il ballo di San Vito” e “La marcia del camposanto” fino al tributo a Matteo Salvatore, “straordinario cantore dello sfruttamento nel latifondo meridionale”.

Nel paese dei coppoloni è prodotto da laeffePMG LaCupa e distribuito nei cinema italiani da Nexo Digital in collaborazione con i media partner Radio DeeJay e MYmovies.it. Regia di Stefano Obino. Testi, parole e musica di Vinicio Capossela. Produttori: Riccardo Chiattelli per laeffe - Gruppo Feltrinelli, Roberto Ruini per PMG - Pulsemedia Group, Luca Bernini per La Cupa.

Tv: “Le nozze di Laura” di Pupi Avati

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Lunedì 7 dicembre, in prima serata su Raiuno andrà in onda il film “Le nozze di Laura”, con la regia di Pupi Avati, ispirato alle Nozze di Cana del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù compie il primo miracolo. Nel cast troviamo Marta Iagatti, Valentino Agunu, Alessandro Sperduti, Nicola Rignanese, Rita Abela, Lina Sastri e Neri Marcorè.

Laura è una giovane donna calabrese, spontanea e sprovveduta, ma anche intelligente e coraggiosa. Non ha un aspetto appariscente, anzi, è piccola e rotondetta. Da qualche tempo si è trasferita dalla zia a Roma, ma non ha il fisique du rôle per la grande città. Ha perso l’accento in una scuola di dizione e in cambio non ha ottenuto nulla, né nuovi amici né un fidanzato che i suoi genitori, retrogradi e insensibili, si aspettano.


Quello che ricava invece da un mondo metropolitano troppo contorto per la sua anima semplice, è una gravidanza fortuita e non desiderata, frutto di un incontro casuale vissuto con pulita ingenuità con un certo Hermes che sparisce nel nulla.

Torna quindi al paese d’origine, Rocca Imperiale in Calabria, a casa del padre padrone, da una famiglia chiusa e fredda con la quale non riesce a confessare il suo stato. Il padre la manda a lavorare nell’agrumeto di famiglia, insieme ad alcuni braccianti provenienti dall’Africa.Uno di questi ragazzi, però, si innamora di Laura e tra loro nasce una storia d’amore… 

Teatrinrete: “Mamme S.p.a. Servizio Permanente Affettivo” e “Il Gatto con gli Stivali”

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Nuovo appuntamento con Insieme a Teatro di Reteventi e Teatrinrete: sabato 12 dicembre 2015 alle ore 21.00 presso il Centro Interparrocchiale di Campodoro con l’Associazione Artistica Teatro delle Ortiche, compagnia tutta al femminile composta da Barbara Giovannelli, Caterina Riccomini, Monica Sichel e Daniela Zangara, quattro donne che, pur provenendo da esperienze diverse in campo artistico, teatrale e professionale, hanno deciso di mettersi in gioco e sperimentarsi attraverso il teatro. Con la regia di Vittorio Attene, il Teatro delle Ortiche porterà in scena “Mamme S.p.a. Servizio Permanente Affettivo”, un’esplorazione che vuole mettere in discussione quel modo di intendere la figura della madre riassunto così bene dal famoso detto “la mamma è sempre la mamma”. Dietro questo dogma dell’immancabile amore materno, infatti, si nascondono dei lati oscuri che riguardano molti di noi, genitori e figli. Nelle parole scritte dalle stesse protagoniste che in scena danno vita allo spettacolo, troveremo madri leggere, frivole, terribili, cattive, feroci. Mamme che odiano i propri figli o li amano troppo. Donne che si sentono private della libertà di essere padrone di se stesse. Donne derubate del loro tempo ormai passato e perso, sconvolte in un corpo invecchiato di colpo, condannate alla ricerca eterna della giovinezza. Madri che portano avanti dei modelli familiari malati, trasmessi a loro volta dalla propria famiglia di origine. Essere mamme è un lavoro difficile, un’esperienza che dura per sempre, un “servizio permanente”.
Per la rassegna dedicata ai più piccoli Favole a Teatro, un grande classico in scena domenica 13 dicembre ore 16.00 alla Sala Teatro “G.M. Zecchinelli” di Grantorto con la Compagnia Teatrale Igor, impegnata, insieme Piccola Compagnia Teatro In-Stabile di Limena, con “Il Gatto con gli Stivali” per la regia di Maurizio Rosa. Realizzare un sogno sembra impossibile soprattutto se l’unica “cosa” che si è ricevuto in eredità, è un gatto, “un inutile gatto pulcioso”. Ma spesso l’apparenza inganna e ciò che sembra uno scherzo di cattivo gusto, diventa un’opportunità d’oro. Usando ingegno, intelligenza e un pizzico di sfrontatezza si può riuscire a trasformare un mulino in un castello e un povero mugnaio in un principe con tanto di vestito azzurro. In una carambola di furberie, personaggi improbabili e pasticcioni, e scenografie componibili, un impareggiabile gatto stivalato dipingerà un nuovo dorato destino per il suo amico-proprietario Carabattolo.
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