di Francesca Monti
Questa sera, 10 novembre, andrà in onda la seconda puntata della nuova fiction di Raiuno “Questo è il mio paese”. Tra i protagonisti della serie c’è un versatile e bravissimo attore, che interpreta l’ex sindaco Cardi: Ninni Bruschetta, che è entrato nel cuore del pubblico interpretando celebri film come “I cento passi”, “Buongiorno papà”, “Boris - Il film”, “La mafia uccide solo d’estate”, “La terra dei santi” e amatissime fiction come “Le mani dentro la città”, “Squadra Antimafia” (nel ruolo di Alfiere) e “Fuoriclasse”.
In questa piacevole chiacchierata (grazie a Victoria Pistoia di Sosia&Pistoia), Ninni Bruschetta ci ha parlato della serie “Questo è il mio paese”, di Cardi, il suo personaggio, dei ricordi legati al film girato con Sorrentino e alla partecipazione a “To Rome with love” di Woody Allen, e dei prossimi progetti.
Ninni, ieri sera è iniziata la fiction “Questo è il mio paese”. Può presentarci questa nuova serie e il personaggio da lei interpretato, l’ex sindaco Cardi?
“Si tratta di un primo esperimento politico della serialità televisiva, è la prima fiction che parla direttamente di politica e usa un microcosmo per costruire la narrazione, quello di un piccolo paese del Sud che non si sa bene quale sia, potrebbe essere un paese qualsiasi. Anna, il personaggio interpretato da Violante Placido è una figura interessante, necessaria, se vuoi anche pedagogica narrativamente, è una persona che fa ciò che si deve fare, con un’idea politica precisa e si trova in opposizione la malavita locale e la contiguità di un certo tipo di tolleranza bigotta, cialtrona, che è quella che interpreto io con Cardi, il mio personaggio che è l’ex sindaco di Calura. Per farlo ho pensato di più ai politici della Prima Repubblica che a quelli di adesso, perché Cardi comunque in fondo rispetta Anna e capisce il suo percorso anche se la combatte senza esclusione di colpi. Questo lo rende ambiguo ed è piacevole per un attore interpretare un ruolo che ha un’ambiguità, se mi consenti il termine shakespeariana, cioè quella di essere un personaggio malleabile. Ultimamente sto facendo sempre cattivi, antipatici, la carriera dell’attore è un po’ strana da questo punto di vista. Una volta Claudio Fava mi disse: “te la dà la pensione la polizia?”, perché ad un certo punto ho iniziato a interpretare una serie di poliziotti, poi capita invece di fare per un lungo periodo il delinquente, poi l’antipatico, curiosamente queste cose coincidono”.
Nella sua carriera infatti ha interpretato film come “I cento passi” o “La terra dei santi”, o fiction come “Squadra Antimafia”, “Paolo Borsellino”, “Le mani dentro la città”, che hanno come comune denominatore la lotta alla mafia…
“Questo è un po’ il mio percorso di vita non soltanto professionale, essendo siciliano e appartenente ad una famiglia di quella Sicilia onesta che non si deve confrontare continuamente con il sistema mafioso. Ho fatto molti spettacoli di teatro civile con Claudio Fava che è anche lo sceneggiatore de “I cento passi”, quindi è un po’ un percorso che ho intrapreso al cinema, in televisione e a teatro. La cosa curiosa è che a teatro, come regista, ho messo in scena dei miei progetti ma allo stesso tempo, siccome nel nostro ambiente si respira l’aria di quello che accade, ho avuto la fortuna di far parte di film e fiction prodotti da altri che avevano lo stesso scopo, lo stesso fine dei miei spettacoli teatrali, quindi mi sono trovato a recitare in molti lavori che trattavano questa tematica. In più c’è il fatto che sono siciliano e che parlo correntemente anche il dialetto calabrese, questo mi è stato utile per interpretare il personaggio del film “ La terra dei santi”. Mia mamma è di origine calabrese, quindi mi viene facile quell’accento”.
Ha lavorato con il Premio Oscar Paolo Sorrentino in “L’uomo in più”. Che ricordi ha di questo film?
“Per quanto riguarda Paolo Sorrentino ho un ricordo particolare, perché lui era assistente alla regia di un film che io producevo a Napoli, era un ragazzo, veniva a lavorare sul set e un giorno ha portato questa sceneggiatura ad Angelo Curti che mi ha chiamato per dirmi se volevo interpretare uno di questi personaggi e che Paolo voleva farmi un provino. Io ho risposto che non lo avrei mai fatto, perché per me Paolo era un ragazzo. Poi invece sono andato a fare il provino, è andato bene e ho fatto il film, con Toni Servillo che conoscevo già prima di questo lavoro ed è un amico. Sul set un attore non si rende conto bene del talento del regista perché la condizione spazio-temporale in cui lavora l’attore è molto diversa da quella del regista. La lavorazione del film è andata bene e non ho avuto particolari percezioni. Quando sono andato a vedere la proiezione dovevo fermarmi solo un quarto d’ora perché ero di passaggio e dovevo recarmi in un altro posto, invece sono rimasto fino alla fine e mi sono commosso. Così sono andato da Paolo e gli ho chiesto: “Ma chi sei?”, perché aveva fatto un film bellissimo, nonostante lui fosse molto giovane. Dissi ad Angelo Curti: questo è il nuovo Antonioni. E alla fine non mi sbagliavo”.
Invece per quanto riguarda“To Rome with love” di Woody Allen?
“L’esperienza con Woody Allen mi ha entusiasmato, ho lavorato soltanto un giorno sul set ma sono riuscito senza volerlo a stabilire un rapporto con lui e mi è piaciuto moltissimo. Lui è un’icona, un personaggio straordinario, io non ho mai avuto miti, non soffro di timori reverenziali, se non nel gusto di riconoscere la bravura di qualcuno. E’ bello quando lavori con queste persone perché ti accorgi che sono brave, lo vedi veramente, la cura che aveva sugli attori mi ha entusiasmato, scambiare qualche battuta con lui è stato importante per me e per la mia vita. Arrivavo dall’esperienza comica più importante che ho avuto che è stata Boris e spesso ci chiedevano quanto improvvisassimo in questa serie, in realtà non abbiamo mai improvvisato perché Boris è scrittissimo, è totalmente blindato. Per cui dovendo recitare nel film di Woody Allen ho studiato tantissimo la parte, perché non potevo dimenticarla per nessun motivo al mondo. Nel momento in cui stava per battere il ciak, Woody Allen si è avvicinato agli attori e ha detto: “Ragazzi non badate al testo, ovviamente”. Quindi era tutto completamente improvvisato, con la macchina lontanissima, che inquadrava tutti e non c’era assolutamente niente di scritto, anzi era l’opposto. Per tanti anni vedendo i film di Woody Allen, pellicole corali come “Hannah e le sue sorelle”, mi chiedevo se fosse tutto scritto così oppure no e ho saputo che è tutto improvvisato”.
Penso che per un attore avere la possibilità qualche volta di improvvisare, di uscire dal copione, sia anche divertente…
“E’ bello fare tutte e due le cose, il metodo te lo suggerisce il regista, poi se devi stare nel testo è divertente perché è comunque un’interpretazione, mentre in realtà l’improvvisazione non è qualcosa che si improvvisa, ma è un lavoro molto preciso. Infatti Woody Allen venne a dirci di non badare al testo dopo aver dato una caterva di indicazioni, per cui è semplicemente un lavoro diverso ma gradevole. E comunque recitare è il lavoro più bello del mondo”.
In quali progetti la vedremo prossimamente impegnata?
“Uscirà prossimamente un film per il cinema di Enrico Lando che si intitola “Quel bravo ragazzo”, è una commedia divertente. Per quanto riguarda la televisione, sulla Rai andranno in onda “Il Sistema” con Claudio Gioè e la regia di Carmine Elia, e “Lampedusa” di Marco Pontecorvo, mentre per Mediaset sarò nel cast di “Romanzo Siciliano” di Lucio Pellegrino con Fabrizio Bentivoglio e Claudia Pandolfi. A fine gennaio debutterò a teatro con “Amleto”, saremo a febbraio al Teatro Menotti di Milano, poi andremo in altre città”.
Ci sarà la quarta serie di “Fuoriclasse”?
“Non ci sarà. Purtroppo abbiamo fatto tre serie e secondo me sono anche sufficienti, altrimenti si rischia di spremere troppo le storie, anche se a me dispiace molto perché era una fiction strepitosa, adoro Torino e ho un po’ di nostalgia”.
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