Expo Milano 2015 dopo sei mesi ha chiuso i battenti e ora che fine faranno i 54 padiglioni? Il 2 novembre inizieranno i lavori di smantellamento del sito, poi alcuni padiglioni saranno riciclati nei Paesi di origine, altri battuti all’asta, altri demoliti. L’Albero della Vita, simbolo dell’Esposizione Universale, Palazzo Italia e il Padiglione Zero resteranno a Rho, i quattro silos della Svizzera diventeranno serre urbane in altrettanti cantoni elvetici, il giardino botanico del Bahrain tornerà nel Paese arabo, l'oasi del Padiglione degli Emirati Arabi Uniti sarà ricollocata a Masdar City, mentre le sfere dell'Azerbaijan diventeranno un centro per la tutela della biodiversità nella capitale, Baku.
Alcuni padiglioni saranno riutilizzati per scopi sociali e progetti di cooperazione internazionale: il padiglione Don Bosco diventerà un centro giovanile in Ucraina, i container che compongono lo spazio del Principato di Monaco ospiteranno un centro della Croce Rossa in Burkina Faso, il villaggio della onlus Save The Children troverà collocazione nel campo profughi di Jarahieh, in Libano. Il padiglione Coca Cola resterà invece a Milano, per diventare un centro sportivo.
I Paesi che non riutilizzeranno le proprie strutture, come impongono le regole di Expo, dovranno comunque riciclare le parti in legno e quelle in ferro dei Padiglioni. E così il legno pregiato utilizzato per costruire i "semi" della Malesia, il teak, dopo lo smantellamento sarà rivenduto in Italia. Stessa sorte per la struttura del padiglione Colombia, che sarà riciclata e reimpiegata in Italia per future costruzioni.
Molti Stati hanno poi deciso di donare le parti "simbolo" dei loro padiglioni: gli alberi più imponenti dell'Austria saranno ripiantati in una foresta nei pressi di Bolzano; l'alveare della Gran Bretagna diventerà un'opera d'arte urbana in patria; le colonne del Vietnam saranno donate al Comune di Alassio, in Liguria.
Il Brasile metterà all'asta l'ormai famosa rete, mentre il Belgio la struttura del Padiglione.
Saranno totalmente demoliti, invece, i padiglioni di Cina, Germania, Spagna, Thailandia, Qatar e Uruguay.
Alcuni padiglioni saranno riutilizzati per scopi sociali e progetti di cooperazione internazionale: il padiglione Don Bosco diventerà un centro giovanile in Ucraina, i container che compongono lo spazio del Principato di Monaco ospiteranno un centro della Croce Rossa in Burkina Faso, il villaggio della onlus Save The Children troverà collocazione nel campo profughi di Jarahieh, in Libano. Il padiglione Coca Cola resterà invece a Milano, per diventare un centro sportivo.
I Paesi che non riutilizzeranno le proprie strutture, come impongono le regole di Expo, dovranno comunque riciclare le parti in legno e quelle in ferro dei Padiglioni. E così il legno pregiato utilizzato per costruire i "semi" della Malesia, il teak, dopo lo smantellamento sarà rivenduto in Italia. Stessa sorte per la struttura del padiglione Colombia, che sarà riciclata e reimpiegata in Italia per future costruzioni.
Molti Stati hanno poi deciso di donare le parti "simbolo" dei loro padiglioni: gli alberi più imponenti dell'Austria saranno ripiantati in una foresta nei pressi di Bolzano; l'alveare della Gran Bretagna diventerà un'opera d'arte urbana in patria; le colonne del Vietnam saranno donate al Comune di Alassio, in Liguria.
Il Brasile metterà all'asta l'ormai famosa rete, mentre il Belgio la struttura del Padiglione.
Saranno totalmente demoliti, invece, i padiglioni di Cina, Germania, Spagna, Thailandia, Qatar e Uruguay.
Non si sa ancora invece quale sarà il destino del Padiglione di Israele e del Padiglione The Waterstone di Intesa Sanpaolo. Quest'ultimo, in particolare, potrebbe restare a Rho-Pero o essere ricollocato a Milano.