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Il Teatro degli Orrori stasera in concerto a Roncade: Intervista con Gionata Mirai

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di Francesca Monti
Questa sera, 4 marzo, al New Age Club di Roncade (Tv) arriva in tour Il Teatro degli Orrori, band composta da Francesco Valente (batteria e percussioni), Giulio Ragno Favero (basso elettrico), Gionata Mirai (chitarra elettrica), Pierpaolo Capovilla (voce), Kole Laca (tastiere elettroniche) e Marcello Batelli (chitarra elettrica), che accenderà il pubblico con la sua trascinante energia e la sua splendida musica rock.
Pochi mesi fa è uscito “Il Teatro degli Orrori” (La Tempesta), quarto album di studio del gruppo dopo “Dell'impero delle tenebre” (2007), “A sangue freddo” (2009), “Il mondo nuovo” (2012). Un disco pensato per essere suonato live, la dimensione naturale de Il Teatro degli Orrori, e composto da dodici tracce che dipingono l’affresco di un’Italia allo sfacelo con disarmante ironia e il consueto sarcasmo. Un viaggio nella società italiana affrontato con la rabbia viscerale e lo struggente disincanto che contraddistinguono la band.
Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con il chitarrista Gionata Mirai (grazie a Nora Bentivoglio) e abbiamo parlato con lui del nuovo disco “Il Teatro degli Orrori” e del tour che, dopo Roncade, nei prossimi giorni toccherà altre importanti città italiane (5 marzo - Sonar live - Colle Val d’Elsa (Si), 11 marzo - sPAZIO211 – Torino, 23 marzo - Teatro Auditorium Unical - Rende (Cs), 24 marzo - I Candelai – Palermo, 25 marzo - Retronouveau – Messina, 26 marzo - Barbara Disco Lab – Catania, 30 marzo - Alcatraz – Milano, 2 aprile - Capanno Black Out – Prato, 23 aprile - Supernova – Genova). 
Gionata, il vostro nuovo disco “Il Teatro degli Orrori” rappresenta una sorta di nuovo punto di partenza per la vostra band. Com’è nato questo progetto?
“Dopo “Il mondo nuovo” del 2012 e la fine del tour siamo stati fermi un anno e abbiamo avuto modo di maturare tutti e sei a distanza, noi quattro più i due nuovi Kole Laca e Marcello Battelli che si sono aggiunti già a partire dal vecchio tour e in questo disco hanno collaborato anche alla stesura dei testi. Abbiamo maturato l’idea di quello che doveva essere il nuovo disco e quando ci siamo trovati per realizzarlo, eravamo d’accordo sul voler creare un lavoro più diretto, più facile anche a livello dialettico. Abbiamo spinto Pierpaolo ad essere il più diretto possibile e anche noi musicisti abbiamo cercato di far sì che fosse di facile ascolto, nonostante sia un disco rock. Quindi ci siamo trovati a voler far questo disco così come è uscito, molte canzoni sono nate in sala prove, in pochissimo tempo, alcuni pezzi sono il frutto delle idee musicali di Giulio e Francesco su cui io e Marcello abbiamo lavorato divertendoci come ragazzini, inventandoci chitarre su chitarre, confrontandoci e costruendo insieme contemporaneamente le nostre parti. Pierpaolo ha avuto questo sprono ad essere più facile nel raccontare i suoi pensieri e credo che ci sia perfettamente riuscito. Abbiamo voluto tornare alle origini, riproponendo come intenzione il Teatro degli Orrori degli inizi. E’ stata come una rinascita perché abbiamo rinvigorito e dato più forza e coerenza a quello che stiamo facendo”.
Nel disco ci sono alcuni brani come “Lungo sonno” o “Disinteressati e indifferenti” che parla dei giovani di oggi, che trattano temi molto attuali. Pensi che la musica possa realmente rappresentare un veicolo per svegliare le coscienze dormienti?
“Mi piacerebbe dirti di sì con una sicurezza assoluta ma non ci riesco purtroppo. Sono dieci anni che giriamo l’Italia cercando di svegliare un po’ di gente ma non mi sembra che oggi la situazione del nostro Paese sia particolarmente migliorata. Noi però ci crediamo e ci proviamo, qualcuno ci può ascoltare, il problema è che le coscienze si dovrebbero svegliare da sole, i tempi sono evidenti, noi cerchiamo di accendere dei focus, degli argomenti, portandoli in giro, questa è la nostra missione. Forse se non lo facessimo sarebbe peggio, per cui ci diamo un ruolo che speriamo di avere”.
In “Sentimenti inconfessabili” sono presenti le voci narranti di Federico Zampaglione e della doppiatrice Chiara Gioncardi. Com’è nata questa idea?
“Pierpaolo è amico di Federico Zampaglione e quando abbiamo scritto quel pezzo la parte strumentale è stata pensata come un momento filmico, chi ascoltava doveva sentire un film. Cosa che abbiamo già affrontato nel disco Il mondo nuovo dove c’è la canzone “Adrian” che all’inizio ha dei suoni che sono stati fatti da chi sonorizza i film. Così abbiamo pensato a Zampaglione, lui ha accettato e il pezzo è venuto bene, ha una buona resa, sembra effettivamente di essere in una scena tridimensionale di un film”.
Avete suonato sia nei club sia nei centri sociali. In quale di queste due dimensioni vi trovate meglio, anche a livello di contatto con il pubblico?
“Nei centri sociali la situazione è sempre più calda, perché è un luogo con meno restrizioni, più libero, siamo stati mille volte al Rivolta di Marghera e in quella dimensione abbiamo fatto dei concerti con un pubblico incredibile, perché sei in uno spazio che permette di esprimerti, come atteggiamento, più liberamente. Da questo punto di vista i centri sociali sono i posti più interessanti, anche perché spesso portano avanti battaglie per le quali è necessario avere coraggio per continuare a lottare”.
Il 4 marzo sarete al New Age Club di Roncade con il vostro nuovo tour. Puoi anticiparci qualcosa a riguardo?
“Nel tour autunnale da ottobre a dicembre abbiamo presentato tutto l’intero nuovo disco nella prima parte e una selezione di brani di altri dischi nella seconda parte. Abbiamo fatto pezzi del primo album che non facevamo da anni. In questo tour che è da poco ricominciato, invece, abbiamo mescolato le carte e la scaletta cambia abbastanza spesso perché abbiamo ormai tante canzoni e ci dispiace non farle, quindi presenteremo un mix dell’ultimo lavoro e dei precedenti”.

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